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Proposte FGU per il comparto Università – Incontro con il Ministro del’Istruzione del 14/06/17

 

Al Ministro delI’Istruzione

Roma

OGGETTO: Proposte  per il comparto Università – Incontro con il Ministro del’Istruzione del 14/06/17

Sul fronte dell’alta formazione in Italia si è davanti ad una vera e propria debacle, nella classifica dei 34 Paesi più industrializzati del mondo, l’Italia è praticamente ultima per numero di giovani laureati e quartultima per soldi investiti nell’università in rapporto al PIL.

Questi impietosi numeri relativi all’istruzione superiore sono quelli che preoccupano di più, perché rischiano di condannare il Paese a un lento ma inarrestabile declino socioeconomico.

Alla base di tutti questi ritardi, sta il dato di fondo della estrema scarsità di risorse investite: appena lo 0,9% del Prodotto Interno Lordo, la metà del Regno Unito (1,8%), molto meno della Germania e della Francia (1,2% e 1,4%).

Il nostro è un sistema fortemente sotto finanziato, in un momento in cui l’economia della conoscenza invece è sempre più basata sul capitale umano.

Il numero ridotto di iscritti all’università è legato a un welfare molto carente. Bisogna sostenere gli studenti, soprattutto al Sud il diritto allo studio è una chimera.

Il futuro del paese si gioca in investimenti nell’alta formazione e quindi nel capitale umano che questa formazione deve darla, invece succede che oltre al blocco dei rinnovi contrattuali questo settore sconta anche un evidente sottodimensionamento degli organici del corpo docente ma anche del personale T.A. che in ambito universitario è fondamentale non solo nella didattica ma anche nella ricerca e nell’altro inscindibile compito istituzionale, l’assistenza sanitaria nelle facoltà mediche.

Altro problema, comunque da noi già segnalato a suo tempo all’atto della firma del CCNL 1998/2001, - quando si abbandonò la qualifica funzionale per passare a delle asettiche categorie – conferma che, a parte la saturazione di apicali in alcune categorie, l’ordinamento così com’è strutturato ha dimostrato di non essere funzionale alle esigenze degli Atenei.

Era prevedibile che compattando 11 livelli funzionali e oltre 30 profili professionali differenti in appena 4 categorie si sarebbe creato un ingorgo con conseguente mortificazione delle specifiche professionalità operanti nell’ambito del complesso mondo universitario.

In funzione di ciò, chiediamo che il prossimo rinnovo del CCNL preveda una rivisitazione dell’ordinamento del personale che opera nel settore universitario non è assimilabile a quello della scuola, dell’AFAM e solo in minima parte a quello della ricerca.

Appiattire e omogeneizzare le professionalità è l’esatto opposto di quello che occorre oggi in una Università  al passo con i tempi, super specializzazione non appiattimento e generalizzazione.

Vi è poi il problema della gestione dei fondi del salario accessorio, che negli Atenei ha generato negli ultimi anni problematiche rilevanti anche ai fini del rispetto di alcuni vincoli finanziari. In   particolare, a decorrere dall’anno 2011, il legislatore, con l’articolo 9, comma 2-bis, della legge n. 122 del 30 luglio 2010, ha introdotto, un limite e un obbligo di riduzione dei fondi destinati alla contrattazione di II livello, questo limite ha portato il fondo ex art. 87 del CCNL 2006/2009 per le progressioni economiche e per la produttività collettiva individuale, ai minimi storici.

Si chiede di fermare questi tagli che, di fatto, non permettono di poter effettuare con i cessati e RIA degli anni precedenti, le Progressioni Orizzontali o retribuire le varie indennità accessorie. In molti casi c’è persino il rischio di non poter corrispondere le somme per le PEO effettuate negli anni precedenti.

Riguardo al personale universitario che opera presso strutture assistenziali, si rileva che a distanza di oltre 43 anni dall’istituzione della norma di legge, la 200 del  1974 e  le sue successive modificazioni,  il problema rimane praticamente irrisolto, in quanto continuano ad esserci dei sistemi di equiparazione disomogenei  tra amministrazioni e persino tra le stesse sentenze passate in giudicato in tanti tribunali di ogni ordine e grado.

La nostra proposta va nella direzione di dare una soluzione definitiva al problema dando la possibilità alle Facoltà Mediche dotate di strutture assistenziali di costituirsi in Scuole Autonome di Medicina alla stregua di quanto già avvenuto per i Politecnici con le stesse medesime modalità, dotandole di personale con un proprio ordinamento professionale che sia funzionale ai loro compiti istituzionali, evitando così impropri parallelismi con il personale del SSN.

Riguardo all’ipotesi di prevedere l’obbligatorietà per i lavoratori di iscrizione ai fondi di previdenza complementare, confermiamo la nostra netta contrarietà in quanto sono strutturati come un carrozzone politico su cui viaggiano comodi e sicuri solo i soggetti gestori, ivi comprese le OO. SS., ma non le certezze dei lavoratori sulla produttività di quanto versato, riteniamo perciò che debba rimanere una libera scelta.

In merito all’utilizzazione della Legge 104, si richiede che venga applicata in modo omogeneo in tutto il P.I.

In relazione al nuovo sistema  Welfare che si vuole introdurre, riteniamo fondamentale che non rientri nel fondo del salario accessorio, ma sia regolato da una apposita e distinta normativa.

Ci appare inoltre ineludibile una rivisitazione della legge 165/2001 e successive modificazioni, poiché è evidente che per accrescere l'efficienza delle amministrazioni e realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, è necessario un maggiore coinvolgimento delle O.SS. nelle fasi decisionali dell’organizzazione del lavoro, riportando la stessa alle competenze proprie della contrattazione tra le parti.

Infine, per ultimo ma non per ordine d’importanza, va colmato il grave divario economico che da decenni separa gli stipendi del personale universitario da quello del pubblico impiego in generale, dato più volte rimarcato dalla stessa ARAN più che dalle OO.SS., per cui gli aumenti, per ora solo ipotizzati, vista l’incertezza del finanziamento reale, devono essere attribuiti in misura maggiore al personale di quegli ex Comparti fino ad ora più penalizzati economicamente come, appunto, l’Università.

Roma 14.06.2017

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