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Previdenza: Chiarimenti sul decreto legge 101/2013

Ufficio Studi Nazionale 

Previdenza: Chiarimenti sul decreto legge 101/2013

In riferimento a quanto stabilito dal decreto legge in esame ed a condizione che lo stesso sia convertito in legge senza modifiche, chiariamo che:

come si ricorderà, la sentenza n. 2446/2013 emessa dal Tribunale Amministrativo della Regione Lazio ha, di fatto, annullato la circolare n. 2/2012 del Dipartimento della Funzione Pubblica nella parte in cui prevedeva il collocamento a riposo d’ufficio (con comunicazione unilaterale da parte dell’amministrazione interessata) per coloro i quali raggiungevano il 65° anno di età, avendo maturato i 40 anni di contribuzione entro il 31 dicembre 2011 ovvero avendo maturato i requisiti diversi da quelli previsti dalla pensione di vecchiaia.

Infatti, con la predetta sentenza, il giudice adito aveva disposto che il pubblico dipendente che avesse già maturato i 40 anni di servizio ma non l’età anagrafica prevista dalla previgente normativa, doveva sottostare (ai fini della permanenza in servizio) ai nuovi limiti di età previsti dalla legge Fornero per la pensione di vecchiaia (a regime 67).

Il Legislatore con il D.L. 101/2013 (in vigore con decorrenza dal 1° settembre 2013) ed in particolare dall’art. 2, ha voluto emanare un’interpretazione autentica della norma volta a stabilire definitivamente che il pubblico dipendente che ha già maturato, al 31 dicembre 2011, i requisiti previsti per la pensione di anzianità, deve essere obbligatoriamente posto in quiescenza.

Nella circostanza è stato precisato che la permanenza in attività lavorativa nella Pubblica Amministrazione deve rispettare l’ambito ordinamentale previsto dai singoli settori di appartenenza, senza possibilità di adeguare gli stessi alla riforma Fornero, fatto salvo il biennio di cui tratta il decreto legislativo 503/1992.

Appare chiaro che con la presente interpretazione autentica si è voluto bloccare la possibilità che i giudici amministrativi stavano riconoscendo ai ricorrenti, proprio in riferimento alla permanenza in servizio, anche se, giuridicamente, non ha sciolto i giudizi di legittimità costituzionale espressi dai giudici stessi.

P.   L’Ufficio Studi - Dott. Damiano Curcio - Consulente per il CSA della Cisal Università

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