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P.I. Disparità di trattamento per l’assegno pensionistico. Ovvero ''Figli, figliastri e figli di nessuno..''

Arturo Maullu - Segretario Generale CSA della CISAL Università

A vedere le notizie che vengono fatte filtrare, forse ad arte dallo stesso governo, sul prosieguo del blocco dei contratti per gli statali,  sembrerebbe che prima del 2021 non si rinnoverà nessun contratto. Un blocco dei salari di ben 12 anni, già oggi si vedono gli effetti deleteri dopo 5 anni di blocco, in pratica succede che chi è andato in quiescenza 5 anni fa ha in godimento una pensione più alta di chi andrà ora per il semplice motivo che alle pensioni si applica l’aumento del 75% dell’inflazione rilevata in questi anni mentre a chi è in servizio nò.

In buona sostanza entrambi i lavoratori al momento della cessazione dal servizio godevano dello stesso stipendio e per quello che cessa ora la pensione sarà rapportata ad esso, mentre per quello cessato 5 anni fa, pur essendo la base stipendiale la stessa,  non lo sarà invece l’assegno pensionistico in quanto rivalutato con i meccanismi di legge per i cessati ma non per chi è in servizio.

L’inflazione media rilevata dall’ISTAT dal 2009 al 2014 è del 8,7% il 75% è da calcolare per l’aumento delle pensioni per cui l’aumento risulta essere il 6,6 %, morale della favola, chi va in pensione oggi percepisce il 6,6% in meno di pensione rispetto a chi è cessato dal servizio 5 anni prima con la stessa anzianità contributiva e lo stesso stipendio, in pratica un furto legalizzato, non sappiamo fino a che punto perché non crediamo del tutto improponibile un ricorso alle vie legali per questo palese trattamento  sperequativo.

Diciamo quindi che quelli cessati 5 anni fa sarebbero i figli, rispetto ai figliastri che cessano ora, visto che questi ultimi perdono il famoso 6,6%, di assegno pensionistico. Figuriamoci cosa succederà ai figli di nessuno, cioè quelli che cesseranno nel 2021,  considerato l’andamento dell’inflazione è quasi certo che questi prenderanno  almeno il 14% in meno di pensione rispetto ai loro colleghi cessati 12 anni prima, alla faccia dell’equità !

E’ strano che quegli intelligentoni del MEF non si siano accorti di questa aberrazione giuridica attraverso la quale una fetta consistente di cittadini è vieppiù penalizzata, considerato che è obbligata a rimanere in servizio, ma a proprio discapito, in quanto gli anni di servizio in più gli produrranno un assegno pensionistico decurtato quanto più a lungo resteranno al lavoro.

Il problema, ovviamente, riguarda tutto il pubblico impiego,  ma in attesa che qualcuno a livello confederale si dia una mossa, il  CSA della CISAL Università si sta comunque attivando per verificare la praticabilità di un ricorso da proporre agli interessati, praticamente tutti quelli cessati dal servizio dal 2009 ad oggi e quelli che cesseranno da qui al rinnovo dei contratti, che come detto in precedenza, si ipotizza possa essere nel 2021.

Roma 27.04.2015

Arturo Maullu (Segretario Generale CSA della CISAL Università)

 
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