A cura di Arturo Maullu*
Dopo avere bloccato l’indennità di vacanza contrattuale, ai valori del 2012 e fino al 2017 l’intenzione ormai palese è quella di prorogare anche il blocco dei CCNL fino al 2017.
Il vigente blocco operante dal 2010 al 2014, ha già tolto dalle tasche dei lavoratori del P.I. 11,5 miliardi di euro a questi vanno aggiunti ulteriori risparmi per altri 5 miliardi ottenuti con il blocco del turn over fino al 2018.
Insomma, il risanamento delle finanze dello Stato lo stanno pagando in massima parte gli stessi dipendenti pubblici che non possono essere spremuti oltre anche perché un ulteriore blocco avrebbe effetti recessivi sui consumi portando questi lavoratori, quantomeno quelli dei comparti, praticamente sulla soglia di povertà considerato che dal 2014 ogni lavoratore ha visto ridursi il salario di circa il 15% con una perdita annua media pari a circa 4000 euro.
Alcuni “esperti del settore” ritengono che un’eventuale proroga del blocco degli stipendi non incontrerebbe alcun ostacolo di legittimità costituzionale, ma è anche altrettanto vero che sarebbe una scelta oltre che immorale, perché porterebbe praticamente alla fame dei lavoratori ai quali contestualmente è stato aumentato il carico di lavoro, anche illogica sotto il profilo della politica economica e probabilmente anche per lo stesso ordine pubblico e la coesione sociale sempre più messa in discussione da queste scelte “liberiste” o forse sarebbe meglio definirle liberticide.
Quel che è certo e che si annuncia un autunno molto caldo e probabilmente, ancora una volta, saremo ancora noi dell’università, lavoratori e studenti insieme a dover manifestare, democraticamente, ma con la dovuta determinazione il grave stato di disagio che colpisce noi, le nostre famiglie e la società più in generale.
Arturo Maullu - Segretario Generale CSA della Cisal Università*