Mobilità nel Pubblico Impiego

di Arturo Maullu *

Mobilità nel Pubblico Impiego

Pare che quanto minacciato dalla cosiddetta spending review in materia di mobilità nel P.I. cominci a trovare applicazione pratica anche nel nostro comparto, in particolare nelle AOU. Ciò accade nonostante che, ormai da anni,  le Università non assumano personale T.A. da destinare all’attività assistenziale, funzione istituzionale degli atenei al pari della didattica e della ricerca.


In altri casi, vedasi Catania e Udine, si è operato una mobilità di Comparto trasferendo la titolarità del contratto individuale di lavoro dall’Università alle AOU, modificando quindi lo stesso stato giuridico da personale universitario in quello di dipendente del SSN, cagionando agli stessi anche un notevole danno economico soprattutto in relazione all’aspetto previdenziale.

Quantomeno nel caso di Udine, ai dipendenti è stata concessa la facoltà di opzione, nel caso di Catania invece nò considerando il tutto come una semplice cessione di ramo d’azienda (art.2112 codice civile); il personale che in queste strutture o in altre della P.A. che non dovesse trovare collocazione negli organici aziendali e che risulterà in esubero dovrebbe  (?) optare per il passaggio presso un’altra amministrazione pubblica avente carenze di organico.

In altri casi ancora, vedasi la AOU di Cagliari, nell’organico allegato all’atto aziendale si prevedono  in “esubero”  43 dipendenti universitari equiparati alla dirigenza area III^ del SSN che teoricamente dovrebbero essere riassorbiti nell’organico di Ateneo, ma nel contempo la AOU  ha operato assunzioni di personale di pari qualifica ma in ruoli del SSN.

In teoria potrebbe prevedersi per i dipendenti pubblici dichiarati in esubero l’obbligatorietà ad accettare il trasferimento anche se al momento la norma non dà un indirizzo sufficientemente chiaro come la P.A. possa agire in tal senso.

La legge prevede anche la possibilità che il dipendente dichiarato in esubero possa optare per il regime part-time, ciò chiaramente determinerebbe una proporzionale riduzione dei contributi ai fini pensionistici per tutto il periodo di part-time, con una conseguente ulteriore procrastinazione della possibilità di andare in quiescenza.

Ovviamente, per tutti i casi succitati, le OO.SS. universitarie ed il CSA della CISAL Università in primis, oltre a singoli dipendenti interessati, ad esclusione del caso di Udine dove c’è stata la facoltà di opzione, hanno impugnato gli atti e saranno i giudici, come al solito, a pronunciarsi su norme poco chiare se non  addirittura illegittime.

Arturo Maullu - Segretario Generale - CSA della Cisal Università