Una Pubblica Amministrazione più moderna e giusta. Ma Chi la vuole?

Francesco Cavallaro - segretario generale CISAL

Non è da ieri, ma da settimane, da mesi, da anni, anzi da decenni, per non dire da sempre, che si parla, si discute, si promettono e si decidono "riforme della pubblica amministrazione’’ L'ultima, in ordine di tempo, quella varata dall'attuale Governo con un Decreto Legge (tipo omnibus) e con un Disegno di Legge Delega (più o meno in coerenza con la prassi!).

Il Ministro Madia, l'ha definita " una riforma per una PUBBLICA AMMINISTRAZIONE più moderna e giusta". Come darle torto? Chi non la vorrebbe una pubblica amministrazione così, magari anche più snella, più efficiente, sempre in grado di assicurare servizi tempestivi e adeguati ai cittadini e alle imprese? Domanda retorica, ma legittima. Ancor più legittimo, però, è chiedersi il perché finora non si sia riusciti a realizzarla, nonostante la periodica e ricorrente pioggia di norme, scaturita dalle numerose riforme precedenti (forse dieci, a partire da quella ‘’GIANNINI", mai varata e compresa la "Brunetta’’, addirittura ritenuta "epocale’’).

Lo afferma Francesco Cavallaro, Segretario Generale della CISAL, riflettendo sui due provvedimenti adottati, oltre che sull'esito dell'unico incontro "concesso" alle 00.SS. dal Ministro Madia, peraltro solo alla vigilia del Consiglio dei Ministri. In sostanza, è il ragionamento di Cavallaro, logica avrebbe voluto che di fronte ad un siffatto problema, prima di tracciarne la soluzione con legge, se ne fossero analizzate attentamente le cause. Tanto più quando, come nel caso della pubblica amministrazione, si tratta di un problema non certamente nuovo, ma che ha addirittura visto cimentarsi e fallire, nei decenni precedenti, quasi tutti i Governi.

Ebbene, si chiede Cavallaro, questo Governo, nell'indicare in pratica gli stessi identici obiettivi contenuti nelle riforme precedenti, si è posto quella domanda? E quale risposta si è dato? Ha individuato le cause delle tante riforme fallite? Ed ancora, perché non le ha ufficializzate, in ossequio alla trasparenza sempre invocata dal suo dinamico Presidente?

Non ci sono risposte, purtroppo né al Sindacato, né ai cittadini che pure il Ministro ha ritenuto dovessero essere i destinatari delle famose 44 domande iniziali, oltre che, ovviamente, dell'intera Riforma. Delle due, l'una: o la logica della preventiva analisi delle cause è sbagliata (ma sinceramente non lo pensiamo), oppure e il Governo ad aver sbagliato, ancora una volta, purtroppo e con il rischio di una ennesima riforma/non riforma.

Ne siamo sinceramente dispiaciuti, al di là delle maliziose battute del Ministro Madia, sulle ‘’reazioni calde" dei Sindacati solo sulla riduzione di permessi e distacchi!

Non è costume della CISAL, nel panorama sindacale italiano dal lontano 1957, rappresentare gli interessi collettivi dei lavoratori pubblici anteponendo ad essi quelli di parte, fossero pure, come sembrano essere, di vago sapore punitivo!

La CISAL, ha sempre fornito e continuerà a farlo, il proprio contributo di idee e di proposte, in occasione di questo come dei precedenti tentativi di riforma. Idee e proposte, tutte motivatamente favorevoli al cambiamento organico e radicale del mondo del lavoro pubblico, nel quale non a caso è presente ed opera come quarta Confederazione rappresentativa.

Ha condiviso ufficialmente le parole del Premier Renzi, con le quali aveva dichiarato di " voler fare sul serio un investimento straordinario sulla pubblica amministrazione", e che ‘’ non si fanno le riforme della P.A. contro o insultando i lavoratori pubblicI'.

Ha auspicato il pieno coinvolgimento di tutte le componenti veramente interessate ad operare perché l'intero sistema delle amministrazioni pubbliche potesse assumere finalmente il ruolo di " volano dello sviluppo" .

Ma, sia pure con rammarico, ha dovuto prendere atto, tuttavia - al di là dei contenuti dei due provvedimenti di legge varati dal governo, alcuni dei quali certamente da approfondire ma altri anche da condividere - che ancora una volta, pur muovendosi nella giusta direzione, lascia del tutto inevasa la domanda posta all'inizio e non fornisce, quindi, alcuna risposta al perché siano fallite le precedenti riforme, le cui finalità ed obiettivi erano sostanzialmente analoghi se non proprio identici a quelli attuali.

In proposito, continua il Segretario Cavallaro, affermava ieri e continua ad affermare oggi, che per un vero cambiamento "di verso’', come dice il Presidente Renzi, è indispensabile partire da alcuni fondamentali presupposti, tenendone il dovuto conto ed operando di conseguenza.

E cioè ammettendo:

a) che è sbagliato pensare alla pubblica amministrazione come ad un ‘’unicum" indifferenziato. Di fatto, esistono tante pubbliche amministrazioni, diverse per competenze, per funzioni, per struttura, per finalità istituzionali, per dimensioni, per territorio, per caratteristiche organizzative: il Comune non è; l'ASL non è l'INPS; l'Università non è l 'Agenzia delle Entrate; non è il Ministero e cosi via;

b) che è sbagliato prescindere - in una doverosa e corretta analisi delle cause di funzionamento delle pubbliche amministrazioni - dal ruolo, dalle interferenze e dalle connesse responsabilità della politica: nelle nomine dei vertici e non solo, nelle carriere, nella valutazione delle competenze, nella gestione, nella verifica dei risultati (oltre che in termini di economicità in senso stretto, anche in termini di capacità di valorizzazione delle risorse umane!);

c) che è sbagliato ritenere che il pubblico dipendente sia per definizione nemico del cittadino utente/cliente che dir si voglia. Se non altro perché, quale cittadino, ha a sua volta bisogno dei servizi erogati da amministrazioni pubbliche;

d) che è sbagliato parlare di esuberi, di mobilità volontaria o forzata, di ricambio generazionale, di turn-over, ignorando del tutto il consistente fenomeno del precariato;

e) che è sbagliato, o meglio contraddttorio, affermare da un lato che la logica della riforma non è quella della "spending" e dall'altro, che i rinnovi contrattuali (bloccati per legge da sei anni!), dipendono dal recupero di risorse, cioè dai tagli certificati dal Commissario Cottarelli.

Il rischio concreto, che anche con questo tentativo di riforma si proceda facendo di tutta un'erba un fascio, ci preoccupa, conclude Cavallaro. Siamo profondamente convinti, infatti, che generalizzare non consente di riformare, ma di confondere il grano con l'aglio, di mortificare identità, di ignorare professionalità ed eccellenze che pure esistono nel settore pubblico. Rinunciando, così, ancora una volta ad utilizzare le due vere leve del cambiamento:

•• la motivazione individuale e collettiva dei lavoratori pubblici;

•• la garanzia assoluta che, ad ogni livello di potere, corrisponda sempre e comunque un equivalente livello di responsabilità.

A cura del Centro Studi CISAL