CISAL: Jobs Act insufficiente senza riforma del Fisco

Francesco Cavallaro  - segretario generale CISAL

Il decreto Poletti, ormai legge, per espressa dichiarazione dello stesso Ministro rappresenterebbe il primo dei tanti passi che il Governo intende compiere sul tortuoso terreno del mercato del lavoro. Ad avviso del Segretario Generale della Cìsal, comunque, si tratta di un provvedimento insufficiente per raggiungere i pur dichiarati obiettivi di rilancio dell'occupazione e di semplificazione degli adempimenti a carico del datore di lavoro. Vedremo cosa succederà con il jobs act presentato però sotto forma di disegno di legge delega e tutt’ora all'esame della Camera, dopo una contrastata prima approvazione con ricorso alla fiducia da parte del Senato.

Resta purtroppo irrisolto il problema del come creare lavoro ed è del tutto semplicistico per non dire strumentale, ritenere l’art. 18 la causa di tutti i mali, eliminata la quale come per incanto si risolverebbe il drammatico problema dell'occupazione. Non è cosi, purtroppo. Il lavoro si crea con gli investimenti.

Per quanta riguarda l'art. 18, continua il Segretario, premesso che la Cisal non ha mai fatto nei suoi quasi 60 anni di vita battaglie ideologiche, è comunque sbagliato irrigidirsi su una norma (peraltro modificata nel 2012 anche se in modo discutibile laddove demanda al giudice la discrezionalità del reintegro), quasi a prescindere dall'intera riforma proposta dal jobs acl. Riforma che la Cisal, afferma il Segretario, è impegnata a valutare nei suoi specifici contenuti. In particolare, il contratto a tempo indeterminato a tutele (meglio sarebbe parlare di garanzie) crescenti, che ci sembra vada nella giusta direzione. E rispetto al quadro complessivo che ne uscirà, la Cisal è anche pronta a valutare eventuali ulteriori affinamenti delle ipotesi di licenziamento, non viceversa. Nello stesso modo, la Cisal è favorevole alla riforma complessiva dell'attuale sistema degli ammortizzatori sociali, aggiunge Cavallaro, ma alla precisa condizione che il lavoratore che perde il posto di lavoro venga effettivamente "preso in carico" non solo sostenendone il reddito, ma soprattutto operando concretamente per una sua adeguata e tempestiva ricollocazione che coinvolga, secondo quanto da tempo sostenuto dalla Cisal, anche l'azienda da cui proviene, oltre, naturalmente, la Formazione e i Centri per l'impiego finalmente efficaci ed incentivati sui risultati raggiunti.

La Clsal, in definiva, ritiene necessario superare ogni forma di assistenzialismo fine a se stesso, per destinare invece le risorse disponibili, oggi troppo spesso disperse in mille rivoli, a fini certamente di sostegno al reddito venuto a mancare, ma anche alla riqualificazione ed al tempestivo ricollocamento del lavoratore. E ciò, per la salvaguardia della sua dignità ed in generale per la tenuta della produttività del Paese.

Un altro dei capitoli del jobs act, prosegue Cavallaro, riguarda la riduzione delle forme contrattuali e la centralità del contratto a tempo indeterminato. In proposito, per la Cisal restano fondamentali due presupposti, peraltro espressamente previsti dal legislatore costituente, ma ancora non realizzati: una effettiva democrazia sindacale ed una altrettanto effettiva democrazia economica. La prima che, attraverso l'attuazione dell'art. 39, dia al Sindacato legittimazione e responsabilità, tanto più necessarie in un mercato del lavoro globale, competitivo e strutturalmente fIessibile che perciò stesso, comportando anche mobilita, pretende una effettiva corresponsabilità sociale di tutti gli attori nella ricerca, nella difesa e nella valorizzazione del ruolo e della dignità del lavoro e dei Iavoratori. La seconda, strettamente connessa alla prima, che dia attuazione all'art. 46 e realizzi la partecipazione del lavoratore alla gestione dell’impresa, nelI'ottica della pari dignità capitale/lavoro.

Le ulteriori previsioni nel jobs act, prosegue il Segretario Cavallaro, sull'introduzione del reddito minimo, sullo sviluppo/valorizzazione della contrattazione decentrata e su un più efficace contrasto al fenomeno del lavoro nero e del caporalato, se concretamente realizzate, vanno nella direzione auspicata dalla Cisal. ln materia di politiche del lavoro, comunque, secondo il Segretario della Cisal, anche per fermare il processo di deindustrializzazione e il connesso malvezzo della delocalizzazione, la risposta da dare resta una sola: abbassare drasticamente la pressione fiscale ed in particolare il costo del lavoro attuando, cioè, politiche di blancio espansive.

Il Governo, disponendo della delega fiscale, potrebbe farlo procedendo da subito ad una riforma radicale dell'attuale sistema flscale, introducendo strutturalmente il ‘’contrasto di interessi" in grado, secondo la Cisal, di recuperare buona parte dei circa 180 miliardi di vergognosa evasione annua. La Cisal teme, invece, che si privilegi ancora una volta ‘’piccole misure senza ambizioni’’ come titoIa un recente fondo del Corriere della Sera.

Un drastico quanto coraggioso taglio delle imposte, specie sul lavoro, sarebbe sicuramente, invece, la misura più efficace per rimettere in moto l'economia, a partire dagli investimenti, dalle retribuzioni ferme da troppo tempo e quindi dai consumi. Insomma misure concrete per la famosa crescita della quale sentiamo solo parlare.

Illudersi che in una tale situazione il TFR in busta paga possa essere una soluzione, non è solo un errore, è una grossa ingenuità (per non dire altro) che tenta di spacciare per risorse aggiuntive soldi di esclusiva proprietà dei lavoratori. Da notare, sottolinea con amara ironia Cavallaro, il solito fiorellino sulla torta: sarebbero esclusi dal presunto ‘’beneficio" i dipendenti pubblici. Ma non per un occhio di riguardo. Semplicemente perché per lo Stato il TFR dei lavoratori pubblici è "virtuale"!  

Roma 16.10.2014                                                                                                                                    (a cura del Centro Studi della Cisal)

Fonte www.cisal.org