CISAL: da solo, lo sciopero non basta

Come è noto, tra le varie riforme in corso di esame da parte del Parlamento, c'è anche quella della Pubblica Amministrazione, in attesa della quale da ben sei anni i trattamenti economici e giuridici dei lavoralori pubblici sono stati di fatto congelati per effetto del blocco della contrattazione deciso per legge. Questa è certamenle la causa principale dello stato di agitazione dei lavoralori pubblici, afferma il Segretario confederale della CISAL, Davide Velardi, ma, prosegue, non basterebbe un'intera pagina di giornale per elencare gli ulteriori mille motivi che giustificano la rabbia, lo sconcerto e le legittime proteste del pubblico dipendente. E tuttavia lo sciopero non basta, aggiunge Velardi. Non tanto perché proclamato da una sola organizzazione, peraltro in un clima di polemica, tutta interna e tutta politica, con le altre due Confederazioni non autonome. Ma perché, nella situazione data, pensare che lo sciopero possa rappresentare la risposta più idonea a rimuovere il macigno posto dal Governo sull'intera Pubblica Amministrazione equivale a voler curare un malato grave con la classica aspirina!  Malato grave che, ci tiene a sottolineare il segretario confederale, contrariamente a quanto si tenta di far credere attraverso la martellante campagna denigratoria, non è la Pubblica Amministrazione, non è il pubblico impiego (né tanto meno lo sono i lavoratori pubblici), ma Il Governo nella sua veste di datore di lavoro. Un datore di lavoro sfuggente, arrogante, autoritario, spesso se non sempre incompetente, clientelare e Un datore di lavoro, peraltro, che a differenza di un qualsiasi altro datore di lavoro, rileva Velardi, dispone di un'arma in più che utilizza a proprio uso e consumo: la legge! E la utilizza non esitando a cambiarla, all'occorrenza e a proprio piacimento, con altre leggi e senza mai preoccuparsi delle conseguenze, quasi sempre contraddittorie, sull'intero apparato funzionale ed operativo. Il tutto “autogiustifìcandosi” con la solita quanto pretestuosa esigenza di ... RIFORMA!

 

Ecco perché, secondo la CISAL, la "cura" di un siffatto malato grave non può essere lo sciopero, o, almeno, non solo lo sciopero. Occorre invece costruire con intelligenza una diversa risposta. Più forte, più incisiva, più articolata, più diffusa e soprattutto unitaria, da proporre ai lavoratori pubblici non da una, ma da tutte le organizzazioni sindacali del pubblico impiego, non autonome e autonome. Ma una tale risposta, per quanto auspicabile, sostiene Velardi, avrebbe assoluto bisogno di un obbiettivo ad un tempo comune, strategico e in grado di suscitare tra i lavoratori pubblici la massima consapevolezza e il massimo consenso. Ma, si chiede Velardi, esiste un tale obbiettivo strategico comune? E la condivisione consapevole dei Lavoratori? Purtroppo, i fatti dimostrano che una risposta univoca non ci sia ancora. Dispiace rilevarlo, prosegue amaramente il segretario confederale, ma non bisogna arrendersi. Con impegno, con coraggio, con determinazione bisogna invece fare in modo che a quelle domande i lavoratori pubblici possano rispondere con un assordante coro di SI.

Come? Si chiede la CISAL. Intanto convenendo tutti che non sia più tollerabile assistere passivamente a una sorta di ricorrente  “tiro al piccione”. E’ ormai dai lontani anni Ottanta, infatti, che tutti i Governi che si sono succeduti (e sono tanti!!!) si sono preoccupati (si fa per dire) di  “riformare”  la Pubblica Amministrazione con l'obbiettivo dichiarato di garantire efficienza, efficacia ed economicità all'intera gestione dei servizi pubblici da rendere ai cittadini e alle imprese. Ebbene, se si esclude il compianto Ministro Giannini e la sua organica proposta di riforma, non a caso restata nel fondo di qualche polveroso cassetto,

tutti gli altri Ministri si sono "preoccupati" solo di non essere da meno dei predecessori. Hanno così aggiunto il proprio nome a quello dei "riformatori”, ma i veri problemi  ell'amministrazione pubblica sono rimasti sostanzialmente gli stessi. L’ennesima riproposizione del problema senza mai operare alcuna distinzione né tra le tante pubbliche amministrazioni, né sugli effetti prodotti dalle precedenti Riforme su ciascuna di esse, oltre che evidenziarne il fallimento, ha sempre dato per scontato che "fare di tutt'erba un fascio” fosse il modo migliore per risolvere i problemi. Non solo, ma nel ricorrente approccio  riformista si è sempre partiti dall'erroneo e semplicistico presupposto che il male fosse da ricercare negli effetti e non nelle cause. Sta di fatto, aggiunge il Segretario confederale della CISAL, che le tante riforme della P.A. sono rimaste invariabilmente inefficaci. Perché irrealistiche? Perché inconsistenti? Perché contraddittorie? Perché confuse? Perché  inattuabili? Per tutti questi motivi messi insieme?

La verità è che una seria spiegazione non è mai stata fornita. E allora, prosegue Velardi, non è quanto meno paradossale, se non anche irresponsabile, che ogni “neo Riformatore”, prima di sfornare la propria riforma, non abbia sentito il dovere di chiedersi perché quella del suo predecessore non avesse avuto alcun esito? A una tale grave omissione non fa certo eccezione l'attuale Governo. L’ennesima proposta di riforma che va sotto il nome dei Ministro Madia, infatti, partendo dall'ennesimo generico, generalizzato e ingiusto atto d'accusa contro i pubblici dipendenti, ancora una volta non fornisce la  benché minima spiegazione del perché, ad esempio, la precedente riforma, peraltro spacciata per epocale dall'ex ministro Brunetta, non abbia prodotto risultati. In tutto questo, sia ben chiaro, non vanno assolutamente escluse le gravi, gravissime  responsabilità del Parlamento che ha sempre, più o meno consapevolmente, approvato le precedenti riforme e si accinge ad approvare quella in cantiere.

Né, tanto meno, vanno dimenticati o sottovalutati gli enormi danni che le pseudo riforme di volta in volta hanno comunque prodotto. Valgano per tutti gli sconsiderati blocchi del turnover, il depauperamento dei Fondi incentivanti, i famigerati tagli lineari, l'assurdo tetto per cui il trattamento economico futuro non deve superare quello percepito nel 2010 nonostante le legittime progressioni di carriera e, buon ultimo, l'illegittimo blocco della contrattazione, ferma ormai al 2008!  A proposito di tale blocco, sottolinea Velardi, una federazione della CISAL del pubblico impiego, la FIAlP CISAL, unitamente ad altra organizzazione autonoma, ha impugnato il relativo provvedimento e ha ottenuto dal Giudice la remissione degli atti alla Corte Costituzionale per illegittimità.

Vogliamo sperare, afferma il segretario confederale, anzi ne siamo certi, che il Giudice delle leggi non vorrà anteporre la ragion di stato al sacrosanto diritto dei lavoratori pubblici ad ottenere nel rispetto delle scadenze il rinnovo dei propri contratti. Ebbene, tornando al discorso iniziale sullo sciopero che non basta per "curare" il vero malato grave, che è il datore di lavoro pubblico – peraltro della più grande azienda di servizi del Paese -, resta da individuare la malattia e da approntare una terapia efficace. Naturalmente, precisa il segretario confederale, la CISAL non intende in alcun modo negare l'esistenza delle tante, troppe cose che non vanno nella gestione delle pubbliche amministrazioni (dalla corruzione alle inefficienze, dalle clientele agli sprechi), né tanto meno la necessità di porvi rimedio.

Cosi come che ci siano responsabilità diffuse ai vari livelli. Ma attardarsi per decenni sugli effetti, senza mai riflettere sulle cause, è stato ed è decisamente il modo peggiore per affrontare e risolvere seriamente qualsiasi problema. Ebbene, afferma  Velardi, la causa fondamentale alla base dei tanti mali e delle troppe disfunzioni della pubblica amministrazione, va ricondotta all'ingerenza della politica nella gestione della cosa pubblica. Non è certo una novità, se è vero come è vero che ad affermarlo è stato, ed è ancora oggi, lo stesso legislatore nelle premesse alle varie riforme e in alcuni provvedimenti relativi alla cosiddetta ‘’governance’’ di strutture pubbliche. La ‘’novità’’, se  così può definirsi, consiste nel fatto che, nonostante le affermazioni ufficiali, nei fatti la politica non è mai veramente uscita dall'amministrazione pubblica. Chiunque lo negasse peccherebbe quanto meno di sospetta ingenuità.

Clientelismi, favoritismi, consulenze inutili, mortificazioni ricorrenti del merito, assoluta incultura della responsabilità, senza  citare i piccoli e grandi fenomeni di corruzione, non possono essere semplicisticamente attribuiti al singolo soggetto (che ovviamente va individuato e perseguito), ma alla vasta rete di protezione, vera o presunta, millantata o reale, di cui lo stesso soggetto sa di potersi servire, il più delle volte, peraltro, impunemente. Cosa c'entri in tutto questo la politica è presto delta. Basti pensare alle nomine dei vertici delle amministrazioni pubbliche e a catena degli innumerevoli capi delle relative strutture sottostanti. Non esistono criteri selettivi trasparenti, ma soprattulto non esiste la cultura della responsabilità, per cui ad una qualsiasi nomina ad un qualsiasi incarico, debbano corrispondere precisi obiettivi da raggiungere ed altrettanto precise verifiche dei risultati conseguiti. Cosi non è, purtroppo, constata il segretario confederale CISAL.

E meraviglia la quotidiana campagna contro i burocrati e la burocrazia, non perché il cittadino o le imprese non abbiano ragione nel lamentare lentezze, ritardi e disfunzioni intollerabili, ma perché a lamentarsene sono il Governo e il suo Premier, nonostante direttamente o indirettamente responsabili delle nomine di quei burocrati e in generale dell'intera burocrazia. Non possono “chiamarsi fuori” da questa tristissima realtà. Anzi, dal momento che è in corso l'ennesima Riforma della Pubblica Amministrazione, si pongano seriamente la domanda di chi sia Il vero "malato grave" da “curare” e convengano nell'individuarlo nel "datore di lavoro" pubblico, che dovrebbe essere il primo interessato a rispettare le regole fondamentali per il buon andamento della azienda Stato. Tutte le regole, naturalmente, a cominciare dalle scadenze contrattuali, ma anche se non soprattutto da quelle sull’autonomia responsabile della gestione.

La CISAL, conclude Velardi, è convinta che le considerazioni svolte trovino conferma nelle quotidiane esperienze della stragrande maggioranza dei lavoratori pubblici, i quali, proprio per questo, non possono non essere disponibili a intraprendere una grande "battaglia di verità". Ed a rivendicare, insieme al rinnovo dei contratti, il diritto alla propria dignità di lavoratori, ma finalmente alle dipendenze di un datore di lavoro veramente libero da ogni intreccio di interessi politico/partitici. Di lavoratori assolutamente disponibili a concorrere, in un'ottica di partecipazione responsabile, alla gestione della cosa pubblica, con l'obiettivo condiviso del pieno soddisfacimento dei destinatari dei servizi. Di lavoratori, infine, pronti a garantire, con il loro impegno e la loro crescente professionalità, una riforma che faccia dell 'intero sistema delle amministrazioni pubbliche il “volano dello svlluppo” del Paese. Fonte: Cisal.org

A cura del Centro Studi CISAL - Roma 03/12/2014