Via libera poi all’istituzione di aziende sanitarie uniche con la confluenza di aziende ospedaliero-universitarie all’interno delle aziende sanitarie locali, ma solo nelle Regioni non sottoposte a piani di rientro e secondo specifici protocolli d’intesa fra le Regioni stesse e le Università interessate.
Confermato anche il congelamento delle addizionali fiscali per le Regioni e le amministrazioni locali, a meno che non siano specificamente destinati a ripianare il disavanzo sanitario. Le Regioni in disavanzo sanitario potranno quindi ritoccare le aliquote delle addizionali, ma è scongiurato il ritocco dei ticket, anche se questi comunque rimangono nelle facoltà delle singole Regioni.
Per le aziende in deficit, inoltre, forte responsabilizzazione dei Dirigenti, che dovranno dimostrare l’effettiva attuazione di efficaci piani di risanamento finanziario e rischiando il posto in caso di mancanza di risultati. I piani di rientro saranno triennali e dovranno essere presentati alle Regioni entro 90 giorni dal provvedimento di individuazione emanato dalle Regioni stesse, che avranno il compito, entro il 30 giugno di ogni anno, di individuare le aziende con sbilancio economico-finanziario e di sottoporle, di conseguenza, a piano di rientro.
Nessuna novità rispetto all’ultima bozza circolata, e quindi stesse critiche da parte di chi ritiene queste misure fortemente penalizzanti per il sistema sanitario.Di fatto, sostengono i detrattori, la dotazione del fondo sanitario è di oltre 2 miliardi di euro inferiore a quanto previsto, i 219 miliardi per il rinnovo contrattuale (escluse le riserve) daranno in media 8 euro lordi ai dipendenti pubblici, un’inezia a fronte di 6 anni di blocco contrattuale.
Critiche anche al limite del turnover, troppo basso, e al taglio del 50% delle posizioni vacanti, oltre che al congelamento delle indennità accessorie, che rimarranno ferme alla soglia dell’anno 2015.
Affatto gradito agli interessati, poi, il taglio del 10% delle componente variabile delle retribuzioni dei dirigenti.
Il pericolo paventato dai maggiori critici di questa manovra consiste nelle ripercussioni insite nelle riduzioni di dotazioni finanziarie al sistema; si dichiara di voler incidere solo sugli sprechi e sulle diseconomie, ma in realtà è assai concreto il rischio che i “risparmi” diventino veri e propri “tagli” lineari e, in quanto tali, vadano a incidere sui livelli dei servizi. Moltissime sono le famiglie italiane (oltre il 40%) in cui almeno un componente ha rinunciato alle cure, o per la lunghezza delle liste d’attesa o per i costi eccessivi delle prestazioni private (Clicca). E’ un dato allarmante e un indicatore (in parte diretto e in parte indiretto) dell’inadeguatezza del sistema pubblico nel fornire risposta ai bisogni assistenziali del Paese, in un momento in cui le risorse finanziarie languono e la coperta è sempre più corta.
Tratto da: www.infermieristicamente.it