Con la Circolare n. 42 dell'11 marzo 2021, l'INPS ha fornito indicazioni sul diritto al congedo obbligatorio e facoltativo dei padri lavoratori dipendenti di cui alla Legge 28 giugno 2012, n. 92 (art. 4, comma 24, lett. a), a seguito delle modifiche apportate dalla Legge di Bilancio 2021 (L. 30 dicembre 2020, n. 178, art. 1, comma 363 e 25).
In particolare, il documento dell'Istituto fa riferimento alle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2021, ovvero:
- l'estensione delle disposizioni afferenti al congedo obbligatorio per i padri lavoratori anche alle nascite, alle adozioni e agli affidamenti avvenuti nell'anno 2021;
- l'incremento da 7 a 10 giorni della durata del congedo obbligatorio da fruire, anche non continuativamente, entro i 5 mesi di vita o dall'ingresso in famiglia o in Italia in caso, rispettivamente, di adozione/affidamento nazionale o internazionale del minore;
- il riconoscimento del congedo obbligatorio e facoltativo anche nel caso di morte perinatale del figlio.
Il provvedimento precisa che, per le nascite e le adozioni/affidamenti avvenuti nell'anno 2020, i padri lavoratori dipendenti hanno diritto a soli 7 giorni di congedo obbligatorio, anche se ricadenti nei primi mesi dell'anno 2021.
Inoltre, a livello generale, l'INPS chiarisce che continua a trovare applicazione la disciplina dettata dal Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, del 22 dicembre 2012.
Per tutti i dettagli, consulta la Circolare.
È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 26 febbraio 2021, n. 21 di conversione del c.d. Decreto Milleproroghe, recante la "Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto Legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonchè in materia di recesso del Regno Unito dall'Unione europea. Proroga del termine per la conclusione dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità Il Forteto".
In sede di conversione, sono prorogati i termini previsti dalle disposizioni legislative specificatamente individuate all'art. 19 del Decreto Milleproroghe - e, quindi, all'Allegato 1 al Decreto stesso - fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e, comunque, non oltre il 30 aprile 2021.
Tra questi si segnala, in particolare, la proroga al 30 aprile 2021 dell'utilizzo della procedura semplificata di smartworking di cui all'art. 90, commi 3 e 4, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni in L. 17 luglio 2020, n. 77.
Per maggiori dettagli, consulta la Legge.
Fonte: www.lavoro.gov.it
COVID-19: smartworking, congedi e bonus baby sitting a disposizione dei genitori lavoratori
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge 13 marzo 2021, n. 30 recante "Misure urgenti per fronteggiare la diffusione del COVID-19 e interventi di sostegno per lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena" in vigore dal 13 marzo 2021.
Il provvedimento, che introduce ulteriori restrizioni finalizzate al contenimento della diffusione epidemiologica, prevede misure in favore dei genitori lavoratori dipendenti e precisamente:
“Riforma della Pubblica Amministrazione. Rinnovi contrattuali 2019-2021”
Incontro del 12 marzo 2021 con il Ministro per la Pubblica Amministrazione
LE PROPOSTE DELLA CGS
La Confederazione Generale Sindacale (CGS), rappresentativa in tre comparti (FLP per il comparto funzioni centrali; GILDA-UNAMS per il comparto istruzione e ricerca; NURSIND per il comparto sanità), nel prendere atto con soddisfazione delle affermazioni del Ministro in merito alla volontà di avviare la stagione contrattuale, a distanza ormai di più di due anni dalla scadenza dei Contratti 2016/2018, desidera portare all’attenzione del Ministro per Pubblica Amministrazione alcune proposte che chiediamo possano trovare accoglimento nei successivi atti amministrativi e normativi. Non tutte le tematiche sono state espresse nei cinque minuti di intervento concessi, per ovvie ragioni di brevità dell’incontro, ma riteniamo utile ribadirle in questo testo che ci è dato la possibilità di produrre.
1. Relazioni sindacali con il Ministro per la Pubblica Amministrazione: chiediamo il pieno coinvolgimento di tutte le confederazioni sindacali rappresentative. La pandemia e la prospettiva di effettuare un reale cambiamento nelle pubbliche amministrazioni ci insegnano che le sfide si vincono con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati e non solo di una parte. Le tre federazioni che rappresentiamo hanno non solo una rilevanza numerica di tutto rispetto ma anche una rilevanza strategica perché aggregano sindacati di categorie direttamente coinvolte nel maggior disagio che la situazione emergenziale ha prodotto. Lo sforzo profuso da queste categorie è stato definito dai cittadini “eroico”.
2. Definizione delle risorse per il rinnovo dei contratti: c’è una pubblica amministrazione che è strategica e fondamentale per i cittadini ma non per il datore il lavoro il quale, nell’attuale sistema di definizione delle risorse, prevede aumenti in percentuale sul monte salari uguali in tutto il pubblico impiego. Alla fonte non c’è un riconoscimento del merito e del valore strategico delle categorie. La disponibilità è per tutti il 4,07% del monte salari indipendentemente dal valore delle professioni presenti in alcuni comparti rivelatasi strategici. Sostanzialmente si perpetua una spesa su base storica quando la storia è in realtà molto cambiata. I contratti di lavoro con questa modalità di finanziamento sono diventati oggi una divisore di economie tra poveri soprattutto in quei comparti dove i redditi sono bassi. L’aumento che il contratto porterà in cambio di maggiore flessibilità richiesta dal datore di lavoro sarà in parte vanificato dalla restituzione del beneficio derivante dal taglio del cuneo fiscale. Ciò non avverrà per le aree e i comparti dove i redditi superano i 40 mila euro. Se l’elemento perequativo aveva l’intenzione di correggere questa ingiustizia, una forma compensativa dovrà essere prevista anche per questa tornata contrattuale. Così come è necessario per le Funzioni Centrali riscrivere la struttura della busta paga, ancora oggi ancorata alla previsione di indennità di amministrazione ingiustamente diversificate, considerate inopinatamente salario accessorio mentre costituiscono invece parte integrante della retribuzione, comportando inaccettabili penalizzazioni in termini di trattenute in caso di malattia e minore peso contributivo ai fini pensionistici. Inoltre, in alcuni settori come le funzioni centrali e l’università (comparto con il maggior numero di laureati), il personale è sottoinquadrato ai livelli più bassi svolgendo però le funzioni più elevate. Si rende quindi assolutamente necessario, in questa tornata contrattuale, rivedere gli ordinamenti professionali, ormai desueti, le attuali Aree di inquadramento che non sono in grado di riconoscere le professionalità presenti, gli stessi profili professionali, per intercettare le nuove competenze necessarie in Amministrazioni sempre più digitalizzate e orientate ai cittadini, alle imprese e ai loro bisogni. Una revisione complessiva dell’organizzazione e degli ordinamenti professionali è strategica per far sì che vi sia una crescita complessiva della produttività del lavoro pubblico. È impensabile risolvere il problema del miglioramento dei servizi resi con i bonus riservati a un’esigua parte del personale anziché, come questa Confederazione è convinta debba essere, attraverso un’organizzazione che stimoli la cooperazione piuttosto che la competizione. Sono necessari percorsi di carriera aperti accompagnati da un’attenta gestione del personale, orientata dalla valutazione delle prestazioni, per avviare programmi di formazione continua e coaching che diano la possibilità a tutti i lavoratori di migliorare le proprie competenze e, contestualmente, le proprie condizioni economiche e giuridiche in modo stabile.
3. Atto di indirizzo per la modifica dei comparti: come già espresso nell’intervento, l’accorpamento dei comparti ha prodotto delle distorsioni e delle difficoltà, soprattutto nella parte normativa, tali che le sezioni, tra l’altro nel caso delle Funzioni centrali mai attivate, sono di fatto dei comparti. La proposta che come Confederazione abbiamo più volte fatto è quella di fare i comparti non sulla base del luogo di lavoro ma sulla base delle professionalità che vi lavorano. Un apposito comparto, lo ha reso ancor più evidente la pandemia, per le specificità che lo caratterizzano, dovrebbe essere fatto per gli insegnanti, e uno apposito per i professionisti sanitari e sociali.
4. Ricambio generazionale: scuola, università e sanità sono ad oggi fabbriche di precariato. Il problema dei concorsi nella scuola e nell’università (in particolar modo tra i ricercatori e il personale tecnico amministrativo) e le recenti assunzioni in sanità a tempo determinato per far fronte alla pandemia continuano a perpetuare il problema, nonostante l’invito dell’Europa a ridurre il precariato. La richiesta principale è dunque la stabilizzazione dei precari. Certamente il tema dell’invecchiamento del personale del pubblico impiego può rappresentare un limite all’innovazione della PA e l’agevolazione al ricambio generazionale è una lodevole iniziativa a patto che ci sia un passaggio delle conoscenze tra generazioni. I contratti di lavoro dovrebbero prevedere la figura del tutor per l’inserimento dei neo assunti, la possibilità di avere una riduzione d’orario a parità di stipendio, la possibilità di esonero dal lavoro notturno dopo i 55 anni e la possibilità di una maggior conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro.
5. Modifiche normative: accogliamo con favore l’intenzione di modifica dell’art. 23 comma 2 del Dlgs 75/2017, come più volte richiesto dalla nostra Confederazione, che congela i Fondi alle consistenze storiche, impedisce il pieno utilizzo di quelle già stanziate e disponibili e il relativo incremento. Chiediamo che sia fatta una modifica normativa che consenta da subito l’erogazione dell’indennità di specificità infermieristica eliminando il rimando alla contrattazione così come è stato per i medici. Anche gli infermieri si meritano lo stesso trattamento e non un rimando a fine anno dell’indennità. Va superato il blocco delle progressioni tra le aree, portando a regime la norma sperimentale e aumentandone la percentuale di copertura con personale interno fino al 50 per cento delle facoltà assunzionali. Sarà necessario agire unitamente ai Ministeri del lavoro e dell’Economia per definire anche per il pubblico impiego la riforma del sistema pensionistico, soprattutto per quanto riguarda i lavori gravosi e usuranti, superando le inaccettabili differenziazioni in merito al trattamento di fine rapporto.
Infine una richiesta che può trovare spazio nel decreto che sarà emanato riguarda la possibilità per i sindacati rappresentativi nel pubblico impiego di avere il diritto ad un codice per la trattenuta sindacale per i pensionati pubblici dipendenti che desiderano rimanere iscritti alle organizzazioni sindacali di appartenenza. È una assurdità che per avere assegnati tali codici gestiti dall’INPS si debba essere presenti al CNEL, ente che tiene al suo interno rappresentanze sociali storiche ma non rappresentative tanto quanto le confederazioni del pubblico impiego.
* Incontro del 12/03/2021 con il Ministro per la PA: le proposte della CGS
Aran - Orientamenti applicativi Comparto Istruzione e Ricerca - Sezione Università
In materia di permessi orari retribuiti per particolari motivi personali o familiari di cui all’art. 48, comma 1, lett. b) del CCNL Istruzione e ricerca 19.04.2018, la previsione che tali permessi “non sono fruibili per frazioni inferiori ad una sola ora” è soddisfatta nel caso in cui il dipendente fruisca nella stessa giornata di due permessi orari dalla cui somma risulti una fruizione complessiva superiore all’ora, ad es. il primo dalle ore 10:00 alle ore 10:45 e l’altro dalle ore 12:30 alle ore 13:45?
La portata applicativa della previsione contrattuale non può che riferirsi ad ogni singolo accesso al beneficio poiché’ la ratio alla base della clausola in esame è quella di evitare che l’eventuale fruizione di tale istituto in maniera ricorrente e/o per archi temporali molto ridotti possa arrecare pregiudizio alla funzionalità dell’assetto organizzativo della singola amministrazione. Di conseguenza, la previsione che tali permessi “non sono fruibili per frazioni inferiori ad una sola ora” va riferita ad ogni accesso al beneficio e non alla durata complessiva dei permessi eventualmente fruiti nell’ambito della stessa giornata lavorativa. Fonte Aran
Aran - Orientamenti applicativi Comparto Istruzione e Ricerca - Sezione Università
Che incidenza ha sul monte ore annuale la fruizione di una intera giornata lavorativa di permesso per particolari motivi personali o familiari di cui all’art. 48 del CCNL 19.04.2018, nell’ipotesi in cui l’orario giornaliero di lavoro di un dipendente a tempo pieno sia inferiore a 6 ore?
L’art. 48 del CCNL Istruzione e ricerca 19.04.2018 alla lett. e) del comma 2 prevede che i permessi per particolari motivi personali o familiari “possono essere fruiti, cumulativamente, anche per la durata dell’intera giornata lavorativa; in tale ipotesi, l'incidenza dell'assenza sul monte ore a disposizione del dipendente è convenzionalmente pari a sei ore”. In attuazione al tenore letterale della disposizione contrattuale, si ritiene che il permesso in esame fruito per l’intera giornata incida sul contingente complessivo delle diciotto ore annuali sempre secondo una misura convenzionale pari a sei ore, non rilevando se l’orario di lavoro che il dipendente avrebbe dovuto osservare per la medesima giornata lavorativa, sia superiore o inferiore alle sei ore. Pertanto, nel caso in esame, i permessi di cui all’art. 48 del CCNL 19.04.2018 fruiti per l’intera giornata, ancorché l’orario lavorativo previsto sia inferiore alle sei ore, incidono sul monte ore annuo disponibile nella misura di sei ore.
Le problematiche inerenti il personale universitario funzionalmente assegnato alle AOU è storia vecchia di almeno 50 anni (legge 213 del 1970 e legge 200 del 1974) ad ogni rinnovo di CCNL si tenta in qualche modo di porre rimedio a quella che è una evidente anomalia normativa, anzi, una chiara carenza normativa.
Molto è stato demandato ai protocolli d’intesa tra Università e Regioni, molto altro ancora agli atti costitutivi delle AA.OO.UU che un tempo erano definite di tipo A o di tipo B a seconda delle scelte operate dagli organi di governo dei singoli Atenei, come previsto dalla legge 517 del 1999, la quale, tra l’altro, prevedeva anche che entro quattro anni di sperimentazione si sarebbe dovuto definire la tipologia di azienda unica con un apposito decreto interministeriale, cioè entro il 2003, cosa però che non è mai avvenuta.
Difatti oggi, a distanza di tanti anni, ci ritroviamo ancora AA.OO.UU. di tipo A, altre di tipo B e molte altre ancora di tipo… Boh !
Tanto è vero che alcune AA.OO.UU. assumono personale assistenziale con i fondi regionali, cui però viene attribuito uno stato giuridico, sia pur parziale, universitario, anche se assunti con profili propri del CCNL della Sanità, mentre altre ancora, assumono solo ‘’ospedalieri’’, insomma, allo stato, la maggior parte di queste AA.OO.UU. assume come meglio gli aggrada perché siamo in una carenza normativa evidente ed è triste anche sottolineare che tante di queste strutture assistenziali, pur essendo dislocate all’interno degli Atenei con annesse attrezzature dedicate e con personale dell’università stessa, spesso, fa sentire quest’ultimo ‘’ospite in casa propria’’.
In questi ultimi mesi, nelle trattative tenute con il MUR stavamo giungendo se non ad una completa definizione della vicenda, almeno a fare chiarezza, ma, purtroppo, il governo è caduto, il ministro del MUR è nuovamente cambiato e non è improbabile che si debba ricominciare tutto daccapo e, visto quanto è avvenuto in passato, sarebbe già la terza volta.
Cercheremo, come sindacato FGU GILDA Unams, di riprendere anche con questa nuova ministra il discorso così come l’abbiamo lasciato con il suo predecessore, ma la nostra esperienza maturata in tutti questi anni di sindacato ci induce a pensare che sarà molto dura, non fosse altro perché sia nel MUR che nell’ARAN non ci sono più quei dirigenti e quei funzionari che conoscono a fondo problema, ma non per questo ci arrenderemo.
01 marzo 2021
Il Coordinatore Nazionale
01.10.2020 CIRU44 - Come si calcolano, ai fini del congedo parentale, i giorni festivi e/o non lavorativi che ricadono all’interno dei periodi di assenza?
L’ art. 31, comma 9, del CCNL Università 16.10.2008 disciplina le modalità di computo dei periodi di assenza per congedo parentale e malattia del bambino stabilendo che tali periodi, nel caso di fruizione continuativa da parte del personale dipendente, comprendono anche gli eventuali giorni festivi e non lavorativi settimanali che ricadono all’interno degli stessi mentre, nel caso di fruizione frazionata, siffatta modalità di computo si applica solo nel caso in cui i periodi suddetti non siano intervallati dal ritorno al lavoro del dipendente. Poiché la contrattazione collettiva nazionale non ha disciplinato i casi specifici della malattia e delle ferie che intervallano il periodo del congedo parentale, occorre fare riferimento alle circolari emanate dall’INPS in materia. Si segnalano, al riguardo, la circolare n. 8 del 2003 - ove si precisa che la malattia può interrompere la fruizione del congedo parentale, il quale, salvo diverse indicazioni e comunicazioni, potrà riprendere al termine della malattia stessa - e la circolare n. 82/2001 – che per quanto concerne il computo delle ferie chiarisce che “in caso di fruizione del congedo parentale in modo frazionato è necessaria la ripresa effettiva del lavoro tra una frazione e l’altra, ripresa non rinvenibile nelle ferie; ciò non significa peraltro, che immediatamente dopo una frazione e prima della successiva non possono essere fruiti i giorni di ferie. Significa, invece, che se le frazioni si susseguono in modo continuativo [ad es. in caso di settimana corta, dal lunedì al venerdì e così successivamente] oppure sono intervallate soltanto da ferie, i giorni festivi e, in caso di settimana corta, i sabati [anche quelli cadenti subito prima e subito dopo le ferie] sono conteggiati come giorni di congedo parentale.”.
Fonte: www.aranagenzia.it
01.10.2020 CIRU43 - Quali norme trovano applicazione nei confronti di una lavoratrice che abbia avuto un parto prematuro?
Fatto salvo che per la complessiva normativa che disciplina permessi e congedi a tutela della maternità e della paternità occorre fare riferimento al decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 200, l’art. 31, comma 1, del CCNL Università 16.10.2008 - rinviando alle vigenti disposizioni del medesimo d. lgs. n. 151/2001 e alle norme di cui alla legge 8.03.2000, n. 53 per la parte di miglior favore ivi prevista e non richiamata nello stesso decreto legislativo - al comma 3 sancisce che “In caso di parto prematuro alla lavoratrice spettano, comunque, i mesi di congedo per maternità non goduti prima della data presunta del parto. Qualora il figlio nato prematuro abbia necessità di un periodo di degenza presso una struttura ospedaliera pubblica o privata, la madre ha la facoltà di richiedere che il restante periodo di congedo obbligatorio post-parto e il restante periodo ante-parto, non fruiti, possano decorrere in tutto o in parte dalla data di effettivo rientro a casa del figlio; la richiesta viene accolta qualora sia avallata da idonea certificazione medica dalla quale risulti che le condizioni di salute della lavoratrice ne consentono il rientro al lavoro. Alla lavoratrice rientrata al lavoro spettano in ogni caso i periodi di riposo di cui all’art. 39 del d. lgs. n. 151/2001.” In aggiunta a questo periodo di congedo per maternità, alla lavoratrice o al lavoratore sono riconosciuti, sino al compimento del terzo anno di vita del bambino, nei casi previsti dall’art. 47, comma 1, del d. lgs. n. 151/2001, trenta giorni, per ciascun anno, di assenza retribuita, computati alternativamente per entrambi i genitori, secondo le modalità indicate al comma 3 dello stesso art. 47. Inoltre, la lavoratrice madre o in alternativa il padre lavoratore può - nell’ambito del periodo di congedo parentale previsto dall’art. 32, comma 1, lett. a) e dall’art. 34, comma 1, del d. lgs. n. 151/2001 - usufruire di trenta giorni, computati complessivamente per entrambi i genitori e fruibili anche frazionatamente, che non riducono le ferie, sono valutati ai fini dell’anzianità di servizio e sono retribuiti per intero, con esclusione dei compensi per lavoro straordinario e delle indennità per prestazioni disagiate, pericolose o dannose per la salute (art. 31, comma 4, del CCNL comparto università 2006/2009 del 16.10.2008).
Fonte: www.aranagenzia.it