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Opzione Donna, Il Governo dovrà decidere sulla proroga

La Legge di Stabilità 2016 ha previsto la possibilità di proseguire la sperimentazione dell'opzione donna oltre il 2015 se ci saranno risorse rispetto ai fondi stanziati dal Governo. Per l'opzione donna si avvicina la possibilità di una proroga. Entro il prossimo 30 Settembre 2016 Governo e l'Inps dovranno, infatti, comunicare alle Camere i dati relativi al monitoraggio della sperimentazione dell'opzione donna. Si tratta di un vincolo previsto dall'ultima legge di stabilita' (articolo 1, comma 281 della legge 208/2015) con la quale il legislatore ha imposto una particolare procedura di monitoraggio delle risorse stanziate per questa forma particolare di pensionamento. Con l'espressa previsione che qualora dal monitoraggio della spesa risultassero risorse aggiuntive il Parlamento potrà stabilire una ulteriore proroga della sperimentazione oltre il 31 dicembre 2015.

 

Attualmente, come noto, l'opzione donna può essere esercitata dalle lavoratrici dipendenti, anche del pubblico impiego, che hanno maturato 57 anni e 3 mesi di età (58 anni e 3 mesi le autonome) entro il 2015 a condizione, in entrambi i casi, di avere almeno 35 anni di contributi sempre entro la medesima data. Bisogna ricordare, inoltre, che per questo canale di uscita resta in vigore il meccanismo di slittamento delle cd. finestre mobili, pertanto, la prima decorrenza utile della pensione si collocherà dopo 12 mesi (18 mesi le autonome) dalla data di perfezionamento dei suddetti requisiti. L'opzione è stata riscoperta in questi ultimi anni da un numero sempre maggiore di donne dopo che la Riforma Fornero del 2011 ha abolito la pensione di anzianita' ed ha innalzato bruscamente l'età pensionabile (da 60 a 66 anni). Secondo i dati forniti dall'Inps, nel 2015 le domande presentate hanno superato le 12mila unità, erano 10.332 le prestazioni liquidate nel 2014 e 8.846 quelle liquidate nel 2013. Un passo avanti notevole se si considera che nel 2009 erano solo in 56 avevano esercitato l'opzione. Questa scelta comunque non è indolore perchè l'uscita anticipata viene pagata, spesso, con una riduzione dell'assegno pensionistico anche piuttosto intensa rispetto dell'ultimo reddito percepito. Perchè la determinazione della misura dell'assegno viene effettuata interamente con le regole del sistema contributivo.

Con la recente proroga il Governo ha indicato un onere di circa 2,5 miliardi di euro stimando in 36mila da qui al 2022 il numero delle lavoratrici che decideranno di ricorrere a questo canale di pensionamento. Ebbene nel caso in cui le risorse stanziate risultassero sovrabbondanti rispetto alle domande di pensionamento il comma 281 del citato articolo prevede che il Parlamento, con provvedimenti a carattere legislativo (dunque sottratti alla potestà del Governo o comunque ministeriale), potrà stabilire la prosecuzione della sperimentazione oltre il 2015. A tal fine si prevede la trasmissione, entro il 30 settembre di ogni anno, di una relazione alle Camere, da parte del Governo, sulla base dei dati rilevati dall’INPS nell’ambito della propria attività di monitoraggio sull’attuazione della sperimentazione, con particolare riferimento alle lavoratrici interessate e ai relativi oneri previdenziali.

Di una eventuale proroga oltre il 2015 ne beneficerebbero, in primo luogo, le lavoratrici nate nell'ultimo trimestre del 1958 (o del 1957 se autonome) che sono rimaste escluse dall'intervento della legge di stabilità a causa dei tre mesi chiesti dal 2013 per l'aspettativa di vita. Ma non è detto che la sperimentazione non possa estendersi anche oltre ricomprendendo, ad esempio, anche parte delle nate nel 1959. Questa proroga, c'è da segnalare, sarebbe peraltro complementare all'intervento che Governo ha in cantiere sulla flessibilità in uscita e che consentirà, alle lavoratrici in possesso di almeno 63 anni e 20 anni di contributi, di accedere all'anticipo pensionistico, cioè ad un prestito ponte in attesa di maturare la pensione di vecchiaia, con l'obbligo di restituire il prestito con prelievi ventennali una volta conseguita la pensione. In sostanza con l'APE la lavoratrice si pagherà da sola l'anticipo della pensione. Una scelta che, a meno di forti detrazioni fiscali previste però solo per alcune situazioni meritevoli di tutela, rischia di essere poco conveniente per la maggior parte delle lavoratrici che decidano di uscire volontariamente dal mondo del lavoro. Fonte: www.pensionioggi.it

 
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