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Riforma del Pubblico Impiego: decreto approvato in via definitiva. Confermate le anticipazioni.

Il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il Decreto di riforma del Testo Unico del pubblico impiego, senza rilevanti novità riguardo alle anticipazioni di cui abbiamo già riferito nelle settimane scorse. L’applicazione della riforma del pubblico impiego avverrà a tappe e saranno il Codice disciplinare e le procedure concorsuali a darne l’avvio operativo. Sul versante disciplinare, vengono identificati i 10 comportamenti che possono portare al licenziamento e comprendono le violazioni «gravi e reiterate» ai codici di comportamento, lo «scarso rendimento» di chi ripetutamente non rispetta gli obblighi di lavoro ed ha già ricevuto sanzioni per questo motivo e le «valutazioni negative della performance» ricevute dal dipendente per tutti e tre gli anni consecutivi coperti da ogni contrattazione; la valutazione sarà parallela a quella «per fini economici», che dovrà guidare la distribuzione dei premi. Rischio di licenziamento anche per i dirigenti che, con dolo o colpa grave, evitano di attivare o concludere i procedimenti disciplinari; procedimenti che potranno sforare i termini intermedi senza decadere ma, come suggerito dal Consiglio di Stato, dovranno chiudersi entro il termine perentorio di 120 giorni.

Sul fronte del precariato si apre la possibilità, per le amministrazioni, di procedere all’assunzione a tempo indeterminato del personale precario già in forza (anche presso amministrazioni diverse da quelle che procedono alle assunzioni) purchè abbia prestato negli ultimi otto anni almeno tre anni, anche non continuativi, di servizio presso l’amministrazione che assume.

Per quanto riguarda le procedure concorsuali, viene sancito che le stesse dovranno attenersi a linee guida concordate di concerto con il Ministero della Salute.

I termini per i piani straordinari di assunzioni, che si rendono necessari anche a fronte dell’entrata in vigore della normativa europea sugli orari di lavoro, sono prorogati di un ulteriore anno, arrivando quindi al 2018.

Per quanto riguarda le Aree di contrattazione, il testo indica la possibilità di distinguere fino a quattro comparti di contrattazione collettiva nazionale, permettendo di dare gestione autonoma alla contrattazione riguardante la dirigenza del ruolo sanitario.

Particolare attenzione è dedicata al tema delle disabilità sui luoghi di lavoro, con specifiche disposizioni che riguardano l’inserimento dei lavoratori disabili nelle amministrazioni pubbliche.

Viene istituita infatti una Consulta nazionale (in cui trovano rappresentanza il Dipartimento della funzione pubblica, il Dipartimento delle Pari Opportunità, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, il Ministero della Salute, l’INAIL, l’ANPAL, la Conferenza Unificata, le organizzazioni sindacali e le associazioni rappresentative del mondo delle disabilità) con ampie funzioni in merito alla predisposizione di piani, formulazione di proposte, monitoraggio dell’applicazione delle norme, cui si affiancherà, a livello aziendale, l’operato del Responsabile dei processi di inserimento.

Questa figura sarà obbligatoria nelle amministrazioni che impiegano più di 200 dipendenti, ed avrà il delicato compito di sovrintendere all’attuazione dei piani di inserimento nonché di coordinarsi con i servizi pubblici per l’impiego.

Per quanto riguarda l’attività di controllo sulle astensioni dal lavoro per malattia, viene confermato l’accentramento in capo all’INPS delle attività di verifica su tutti i lavoratori, anche sui dipendenti pubblici. Per far fronte a questa attività l’INPS dovrà stipulare apposite convenzioni con i Medici di medicina fiscale, mentre per quanto riguarda le fasce orarie di reperibilità per le attività ispettive, queste verranno definite con decreto del Ministro per la Pubblica Amministrazione di concerto con il Ministero del Lavoro, con l’obiettivo di allineare i regimi vigenti nei settori pubblico e privato.

Sul fronte salariale, oltre all’enucleazione della contrattazione riguardante la dirigenza sanitaria, il decreto affronta anche il tema della retribuzione accessoria.

I fondi che le amministrazioni potranno adibire alla corresponsione delle componenti accessorie della retribuzione dovranno essere contenuti nei limiti previsti allo stesso scopo per l’anno 2016 e, per le amministrazioni che per vincoli di bilancio non potevano disporre di queste risorse per il 2016, si dovrà fare riferimento alle risorse disponibili per il 2015.

Sulle modalità di assegnazione dei fondi per la retribuzione accessoria il Consiglio dei Ministri ha accolto le indicazioni delle Commissioni parlamentari, prevedendo che si istituiscano dei meccanismi di armonizzazione graduale dei trattamenti economici del personale del Comparto e dell’Area dirigenziale delle funzioni centrali, comunque differenziati tra personale dirigenziale e non dirigenziale.

Se i fondi accessori vengono quindi congelati (previsione avverso la quale i sindacati erano scesi in piazza lo scorso 16 maggio), uno spiraglio si apre per quanto riguarda la retribuzione individuale di anzianità (RIA), il cui sblocco comunque dovrà essere discusso in sede di emanazione delle linee di indirizzo e, successivamente, nella fase di contrattazione. Una componente che, comunque, potrebbe mettere in campo fino a 113 milioni di euro per la Sanità. Fonte: http://www.confederazionecgs.it

 
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