Ancora sulla “spending review”….
di Arturo Maullu
Segretario Generale CSA della Cisal Università
Nei giorni scorsi ha fatto molto scalpore la notizia con la quale il governo ha annunciava 85.000 esuberi nel pubblico impiego, argomento che abbiamo già trattato nel precedente comunicato dello scorso 13 marzo, ci ritorniamo perché, a dire la verità, leggendo quanto pubblicato dal Ministero della Funzione Pubblica questo dato non pare affatto veritiero. (Vai al documento DFP ''Spending revievw lavoro pubblico.pdf ) Difatti a pagina 2 del documento in questione si specifica che gli organici degli uffici dirigenziali dovranno ridursi in misura non inferiore al 20% di quelli esistenti mentre gli organici del personale non dirigenziale del 10%, se la matematica non è un’opinione, considerato che i dipendenti pubblici in Italia sono circa tre milioni, tenendo conto di una riduzione del 10% gli esuberi sarebbero oltre 300.000.
Se si considera che a partire dal 2008 al 2011 c’è già stata una riduzione di circa 190.000 unità passando dai 3 milioni 436mila del 2008 ai 3 milioni 247mila del 2011 ed il trend delle cessazioni è aumentato anche nel 2012 e nel 2013 a fronte di pochi nuovi assunti, pur non disponendo di dati definitivi è lecito pensare che attualmente i dipendenti pubblici siano non oltre i tre milioni.
In pratica, quella che viene spacciata come una rigorosa operazione politica e di tagli alla spesa pubblica è invece, molto semplicemente l’applicazione di norme già esistenti che bloccano, o comunque limitano notevolmente, il turn over.
Se si considera poi che l’età media dei dipendenti pubblici in Italia è molto più elevata che altrove, altro non è che un semplice aumento di cessazioni dal servizio per limiti di età, a conferma di ciò basti citare il fatto che in Italia solo il 10% dei dipendenti ha meno di 25 anni contro il 28% della Francia ed il 25% dell’Inghilterra.
Considerato poi che il titolo del documento sulla spending review è; “ Disposizioni urgenti per la riduzione della spesa pubblica a servizi invariati ” la cosa fa ancor più sorridere, insomma contratti di lavoro (e quindi stipendi) bloccati da 5 anni e assunzioni idem (quindi maggiore carico di lavoro) ma questi lavoratori sottopagati e sovraccaricati di lavoro dovrebbero continuare a rendere gli stessi servizi.
Se poi si considera che due paesi che hanno una popolazione più o meno pari all’Italia, come la Francia che ha una dotazione organica di dipendenti pubblici di 5,5 milioni di dipendenti pubblici (8,3% della pop.) e l’Inghilterra 5,7 milioni (10,9%) ne discende che lavoratore pubblico = pelandrone come diceva il Brunetta più che un pesante insulto appare come una bestemmia vera e propria soprattutto se si considera il livello stipendiale dei cugini d’oltralpe o dei colleghi d’oltre manica rispetto ai nostri.
Il nostro sindacato non vuol dare pagelle a nessuno, soprattutto perché questo governo è appena ai primi vagiti, ma se si comincia con il “dare i numeri” barando in modo evidente su questi fin da subito vuol dire che si è cambiato tutto per non cambiare niente, alla Merkel ed all’Europa potete anche “raccontargliela” la favola, a noi nò.
Roma 19.03. 2014
Arturo Maullu
Segretario Generale CSA della CISAL Università