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Mancato rinnovo del CCNL '' Ricorso alla Commissione Europea''

COMUNICATO SEGRETERIA NAZIONALE

IL CSA della Cisal Università, tramite il proprio studio legale, avvia il procedimanto di ricorso alla Corte di Giustizia Europea contro il Governo Italiano per il mancato rinnovo del CCNL. - Approvato dalla segreteria nazionale nella riunione a Roma del 10.06.13 -

Alla Commissione Europea B-1049 Bruxelles - Belgique

Alla Commissione Europea - Rappresentanza in Italia - via IV novembre 149 - 00187 Roma

Il coordinamento sindacale autonomo C.S.A. di CISAL Università, in persona del coordinatore nazionale Sig. Arturo Maullu, con sedi a Roma, via Torino, 85, domiciliata in Cagliari, via Cugia, 5, presso lo studio e la persona dell'Avv. Giuseppe Curreli, espongono:

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Lo Stato italiano, con decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 1, ha previsto che per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione...... non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all'estero, effettiva presenza in servizio, fatto salvo quanto previsto dal comma 17, secondo periodo, e dall'articolo 8, comma 14.

Inoltre, al comma 17 del medesimo articolo, ha stabilito che non si dà luogo, senza possibilità di recupero, alle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012 del personale di cui all'articolo 2, comma 2 e articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni. E' fatta salva l'erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale nelle misure previste a decorrere dall'anno 2010 in applicazione dell'articolo 2, comma 35, della legge 22 dicembre 2008, n. 203.

Successivamente, con il Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con legge di conversione 15.07.2011, n. 111, all'art. 16, ha previsto che al fine di assicurare il consolidamento delle misure di razionalizzazione e contenimento della spesa in materia di pubblico impiego adottate nell'ambito della manovra di finanza pubblica per gli anni 2011-2013, nonché ulteriori risparmi in termini di indebitamento netto........con uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400,................. può essere disposta... la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni previste dalle disposizioni medesime.

Da ultimo, il Governo Italiano, ha predisposto uno "Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti" nei confronti del quale il Consiglio di Stato-Sezione Consultiva per gli atti normativi, nell'Adunanza di Sezione del 11 aprile 2013, ha emesso parere favorevole con decreto numero 01832/2013.

L'intervento normativo si compone di un solo articolo, che, al comma 1 lettera a), dispone la proroga al 31 dicembre 2014 delle seguenti misure previste dal D.L. n. 78 del 2010: -blocco dei trattamenti economici individuali (art. 9, comma 1); - riduzione delle indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri e individuazione del limite massimo per i trattamenti economici complessivi spettanti ai titolari di incarichi dirigenziali (art. 9, comma 2); - limite massimo e riduzione dell'ammontare delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale (art. 9, comma 2-bis); -blocchi economici riguardanti: meccanismi di adeguamento retributivo, classi e scatti di stipendio, progressioni di carriera comunque denominate del personale contrattualizzato e di quello in regime di diritto pubblico (art. 9, comma 21).

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La suddetta normativa, e più in generale il modus operandi delle Stato Italiano, prevedendo il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici per il triennio 2011/2013 e oramai anche per il 2014, nonché il blocco, senza possibilità di recupero, di tutti i contratti collettivi del comparto pubblico, si pone in netto contrasto innanzitutto con la Costituzione italiana e con i principi in essa sanciti in materia di lavoro e di sindacato.

Al riguardo si menziona la sentenza n.223 del 8-11 ottobre 2012 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato, tra l'altro:

- l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 9, comma 22, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.122, nella parte in cui dispone che, per il personale di cui alla legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di magistratura) non siano erogati, senza possibilità di recupero, gli acconti degli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del triennio 2010-2012 e che per tale personale, per il triennio 2013-2015 l'acconto spettante per l'anno 2014 sia pari alla misura già prevista per l'anno 2010 e il conguaglio per l'anno 2015 venga determinato con riferimento agli anni 2009, 2010 e 2014;

nonché;

-"l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 9, comma 2, del D.L. n. 78 del 2010, nella parte in cui dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi del comma 3, dell'art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), superiori a 90.000 euro lordi annui siano ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10% per la parte eccedente 150.000 euro".

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Ebbene, nella circostanza, la Corte, ha chiarito e ribadito, richiamando sue precedenti pronunce, entro quali limiti l'intervento normativo può essere considerato legittimo e non lesivo dei principi costituzionali; limiti che nel caso di specie risultano irragionevolmente oltrepassati.

In particolare, ha affermato «che norme di tale natura possono ritenersi non lesive del principio di cui all’art. 3 della Costituzione (sotto il duplice aspetto della non contrarietà sia al principio di uguaglianza sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza), a condizione che i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso».

Ha sostenuto, inoltre, che allorquando la gravità della situazione economica e la previsione del suo superamento non prima dell’arco di tempo considerato impongano un intervento sugli adeguamenti stipendiali, anche in un contesto di generale raffreddamento delle dinamiche retributive del pubblico impiego, tale intervento non potrebbe sospendere le garanzie stipendiali oltre il periodo reso necessario dalle esigenze di riequilibrio di bilancio.

Sulla base di detto principio, la Corte aveva ritenuto costituzionalmente legittimo il decreto-legge n. 384 del 1992 (Misure urgenti in materia di previdenza , di sanità e di pubblico impiego,) che aveva imposto a tutti sacrifici onerosi, precisando che tale intervento, "pur collocandosi in un ambito estremo, non lede tuttavia alcuno dei precetti indicati, in quanto il sacrificio imposto ai pubblici dipendenti dal comma 3 del citato art. 7 è stato limitato a un anno; così come limitato nel tempo è stato il divieto di stipulazione di nuovi accordi economici collettivi, previsto dal comma 1 dell’art. 7 e che, quindi, tale norma ha imposto un sacrificio non irragionevolmente esteso nel tempo (sentenza n. 99 del 1995), né irrazionalmente ripartito fra categorie diverse di cittadini".

Sempre con riferimento al decreto-legge n. 384 del 1992, è stato altresì sottolineato che il cosiddetto "blocco" dallo stesso stabilito, di cui era evidente il carattere del tutto eccezionale, esauriva i suoi effetti nell’anno considerato, limitandosi a impedire erogazioni per esigenze di riequilibrio del bilancio (sentenza n. 245 del 1997), riconosciute meritevoli di tutela a condizione che le disposizioni adottate non risultassero arbitrarie (sentenze n. 417 del 1996, n. 99 del 1995, n. 6 del 1994).

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La citata normativa si pone, inoltre, in contrasto col diritto comunitario e in particolare con i principi espressi nella Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea e nel Trattato che istituisce la Comunità Europea ai quali gli stati membri dell'Unione Europea devono necessariamente conformarsi.

Ai sensi dell'art. 31 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose.

Ai sensi dell'art. 28 della Carta di cui sopra, i lavoratori e i datori di lavoro, o le rispettive organizzazioni, hanno, conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali, il diritto di negoziare e di concludere contratti collettivi, ai livelli appropriati, e di ricorrere, in caso di conflitti di interessi, ad azioni collettive per la difesa dei loro interessi, compreso lo sciopero.

L'Articolo 125 del Trattato che istituisce la Comunità Europea, prevede che gli Stati membri e la Comunità, in base al presente titolo, si adoperano per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione, e in particolare a favore della promozione di una forza lavoro competente, qualificata, adattabile e di mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici, al fine di realizzare gli obiettivi di cui all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e all’articolo 2 del presente trattato.

Ai sensi dell'art. 136 del trattato di cui sopra, la comunità e gli stai membri.... hanno come obiettivi la promozione dell'occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata, il dialogo sociale....

Inoltre, il successivo articolo 137, prevede espressamente che è compito della Comunità sostenere e completare l'azione degli stati membri per il miglioramento, in particolare, dell’ambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori e le condizioni di lavoro.

Infine, l'articolo 138 del trattato di cui sopra, stabilisce che la Commissione ha il compito di promuovere la consultazione delle parti sociali a livello comunitario e prende ogni misura utile per facilitarne il dialogo provvedendo ad un sostegno equilibrato delle parti.

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Dal quadro normativo sintetizzato possono dedursi due principi fondamentali: il diritto del lavoratore ad una giusta retribuzione e il diritto dovere delle parti sociali di confrontarsi e di addivenire ad accordi sindacali per la disciplina del rapporto di lavoro.

Il primo principio ha come motivazione non solo la sinallagmaticità della retribuzione rispetto alla prestazione lavorativa, ma anche l'esigenza di garantire la libera circolazione delle forze lavoro tra gli stati membri; esigenza, quest'ultima, che risulterebbe gravemente compromessa nel caso in cui non venisse garantito il giusto adeguamento della retribuzione al maggior costo della vita.

Il secondo principio ha quale fondamento la libertà di associazione sindacale ed il dovere delle parti di confrontarsi per concordare le politiche sul lavoro, cosa di per sé preclusa dall'impossibilità di rinnovare i contratti collettivi.

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La condotta dello Stato italiano e la politica da esso adottata è palesemente in contrasto con le norme e i principi europei sopra enunciati.

nfatti, il blocco degli incrementi retributivi dei dipendenti pubblici per il triennio 2011/2013 e quasi certamente per il 2014 non consente e non permetterà, anche a fronte della significativa e galoppante inflazione che colpisce l'Italia, il giusto adeguamento della retribuzione al costo della vita, con tutte le conseguenze che deriveranno in termini di peggioramento della qualità della vita.

Inoltre il blocco dei contratti di lavoro, non consentendo ai sindacati italiani di confrontarsi per concordare le politiche sul lavoro e di contrattare migliori condizioni di lavoro anche economiche per i lavoratori, svilisce di fatto il loro ruolo naturale privandoli di una delle loro più importanti prerogative, ovvero di essere protagonisti attivi nella contrattazione collettiva.

Oltretutto, la condotta dello stato italiano è censurabile anche sotto il profilo politico/ sociale.

Invero, in nome dell'emergenza e della crisi economica, si è imposto un enorme sacrificio, a carico dei dipendenti pubblici, attraverso l'adozione di misure concepite ab origine di natura eccezionale e straordinaria e pertanto limitate per definizione nel tempo; di fatto queste misure "emergenziali" sono divenute la regola, posto che si sono protratte senza soluzione di continuità per 4 anni, e, data l'attuale congiuntura economica, è concreto il rischio che vengano prorogate anche per il futuro.

Le misure adottate sono inoltre sbagliate anche sul piano sociale, posto il Governo Italiano, trovandosi nella necessità di reperire risorse per far fronte alla crisi economica e per migliorare i conti pubblici, anziché cercare di reperirle altrove, ha optato per la soluzione più facile, consistente nella imposizione di una sostanziale imposta aggiuntiva a carico della parte per definizione debole, rappresentata dai dipendenti pubblici. Così facendo si è deciso di far pagare il prezzo della crisi soprattutto ad una categoria di lavoratori e di cittadini, i dipendenti pubblici, la cui capacità economica e il tenore di vita erano già stati compromessi dai ripetuti aumenti dell'imposizione fiscale.

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E' interesse della organizzazione sindacale esponente segnalare la condotta dello Stato Italiano e chiedere che la Commissione Europea assuma tutte le iniziative che saranno ritenute opportune al fine di dare completa attuazione ai principi e alle regole sanciti dai trattati comunitari e così scongiurare il perseverare e il protrarsi anche in futuro di tali comportamenti.

La formulazione, precisa ma non sufficientemente precettiva, delle norme su richiamate impedisce allo stato che le confederazioni, o i singoli lavoratori iscritti ad esse, agiscano davanti alle Autorità Giudiziali nazionali o davanti al Tribunale o alla Corte di Giustizia al fine di tutelare i propri interessi dipendenti dalla violazione delle norme.

L'esigenza di stimolare il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri e di controllare il rispetto della normativa comunitaria giustificano l'intervento della Commissione Europea.

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Premesso quanto sopra, la C.S.A. di CISAL Università, come sopra domiciliata,

ricorre

alla Commissione Europea affinché la stessa assuma le iniziative più opportune e – laddove sia ritenuto opportuno – deliberi una decisione o ricorra alla Corte Europea al fine di condannare il comportamento dello Stato Italiano.

Si chiede che la Commissione informi l’esponente, presso il domicilio eletto, delle iniziative che verranno assunte.

Cagliari, 24.7.013

Arturo Maullu                     Avv. Giuseppe Curreli

 
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