I buoni pasto diventeranno cumulabili e potranno essere utilizzati per fare la spesa
Il ministero dello Sviluppo economico guidato da Carlo Calenda ha infatti predisposto un decreto per disciplinare l'uso dei ticket restaurant, un passaggio obbligato dall'art. 144 del nuovo codice degli appalti che regolamenta i contratti pubblici. Ricevuto il parere positivo dell'Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone e del Consiglio di Stato, ora la normativa potrà essere modificata e, stando alle prime indiscrezioni, il decreto del Mise contiene disposizioni che permetteranno ai percettori di poter cumulare i buoni pasto per fare la spesa al supermercato o pagare il pranzo al bar. Al momento, infatti, molti esercizi commerciali ne accettano già più di uno per acquisto – nonostante la pratica non sia ammessa per legge – ma con l'approvazione del provvedimento messo in cantiere dal Ministero dello Sviluppo economico i dipendenti beneficiari dello strumento potranno invece cumularne fino a 10 per volta, una modifica valida sia per i buoni cartacei che per quelli elettronici.
Riconoscendo dunque che l'attuale divieto è sostanzialmente inutile perché inapplicato, il Mise si è deciso a procedere con l'emanazione di nuove regole ponendo però un chiaro limite: sì al cumulo, ma massimo dieci buoni per volta. Secondo i dati diffusi da Anseb, associazione delle aziende che emettono i ticket, il mercato globale italiano è costituito da 2,5 milioni di lavoratori tra settore pubblico e privato e oltre 120mila sono invece gli esercizi commerciali che accettano i ticket, per un valore totale di 3 miliardi di euro. A favore del provvedimento la Grande distribuzione organizzata, mentre i piccoli ristoratori e proprietari di bar protestano per l'eliminazione del divieto. Proprio a questo proposito il Consiglio di Stato ha suggerito una correzione del decreto per evitare "effetti non propriamente neutri sulle diverse categorie di esercizi e rischi legati al possibile snaturamento delle caratteristiche del buono pasto", perché il benefit rimane comunque "rappresentativo del servizio sostitutivo di mensa" e non può essere quindi usato come "una sorta di buono spesa universale e surrogato del danaro contante".
I buoni pasto non diventeranno nominali, ma sul ticket verranno indicati solamente la ragione sociale e il codice fiscale della società di emissione, il valore, il termine temporale di utilizzo, lo spazio per la data di utilizzo, firma del titolare e timbro dell'esercente, oltre alla dicitura "Il buono pasto non è cedibile, né cumulabile oltre il limite di dieci, né commercializzabile, né convertibile in denaro; può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dal titolare".
A cura di Charlotte Matteini - Fonte: www.fanpage.it
Tratto da Giustizia Amministrativa
Cons. St., comm. spec., 3 febbraio 2017, n. 287 (Adunanza della Commissione Speciale del 9/01/2017)
Il Consiglio di Stato ha reso parere favorevole con osservazioni sullo schema di decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle infrastrutture dei trasporti,. sui servizi sostitutivi di mensa tramite erogazione dei buoni pasto, ai sensi dell’art. 144 del nuovo Codice dei contratti pubblici.
Il parere ha condiviso la ratio generale dell’intervento, ispirata all’aumento della concorrenza e delle possibilità di fruizione del servizio da parte dell’utenza. Apprezzamento è stato espresso per il metodo di consultazione delle categorie di operatori interessati.
Il parere si è soffermato, tra l’altro, sul superamento del divieto assoluto di cumulabilità dei buoni pasto, attualmente previsto e sostanzialmente inapplicato. Il nuovo decreto consente di cumulare l’utilizzo dei buoni entro il limite di 10. Il Consiglio di Stato condivide il principio, che è frutto di un accordo con le parti sociali e recepisce una esigenza diffusa, dovuta ai costi effettivi del pasto rispetto al valore dei buoni. Suggerisce però una “pur lieve riduzione” del limite dei 10, al fine di evitare “effetti non propriamente neutri sulle diverse categorie di esercizi” e rischi legati al possibile “snaturamento delle caratteristiche del buono pasto”, che resta un titolo “rappresentativo del servizio sostitutivo di mensa” e non può essere utilizzato come “una sorta di buono spesa universale e surrogato del danaro contante”.
Il parere ha condiviso la scelta di non introdurre, per i titoli “non elettronici”, l’obbligo di indicazione sul buono del nominativo del titolare. È una scelta che segue una “apprezzabile ottica di semplificazione” e che non pregiudica le finalità di accertamento, assicurate comunque dall’obbligo di firma del titolare al momento dell’utilizzo.
La Commissione speciale ha reso parere favorevole anche alle misure contro il ritardo nei pagamenti agli esercizi convenzionati, salvi alcuni miglioramenti del testo, per renderle ancora più efficaci.
E’ stato inoltre affronta il fenomeno dell’aumento indiscriminato dei “servizi aggiuntivi” richiesti dalle società emettitrici di buoni pasto agli esercenti, che comporta una traslazione sulla rete degli esercizi convenzionati degli elevati ribassi presentati dalle stesse società emittenti in sede di offerta economica. Per contenere tale criticità, il parere suggerisce una riformulazione che, in linea con quanto già osservato anche dall’ANAC, limiti i “servizi aggiuntivi” ammessi solo a quelli “che consistono in prestazioni ulteriori rispetto all’oggetto principale della gara e abbiano un’oggettiva e diretta connessione intrinseca con l’oggetto della gara”.
Da ultimo, il Consiglio di Stato ha suggerito un adeguato monitoraggio sull’efficacia del nuovo regime e ha ricordato che l’adozione del decreto è particolarmente urgente, poiché colma una lacuna normativa generatasi sin dall’aprile 2016, con l’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti. Per evitare situazioni di stallo delle procedure di gara, attesa la dimensione economica del fenomeno, la Commissione speciale ha suggerito al Ministero - “se sussistono i presupposti, anche di fattibilità tecnica” - di “contenere maggiormente” il termine di entrata in vigore delle nuove norme (che lo schema fissa in 60 giorni).