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SOSTENERE IL BENESSERE DEI CITTADINI E RILANCIARE I CONSUMI

Tratto da ‘’Una nuova politica economica per il benessere del Paese’’ Fonte CISAL

Nella nuova manovra illustrata dal Governo, la parte del leone sul versante delle entrate la giocano la spending review e i tagli di spesa a essa associati, che dovrebbero procurare il 42 per cento del risultato. Sul versante delle uscite, la parte notevole sono i 10 miliardi del bonus da 80 euro che il Governo conferma per il futuro prossimo, lasciando intendere che sarà così anche nel futuro remoto.

Il bonus di 80 euro, lungi dall’essere lo strumento giusto per realizzare l’obiettivo di dare uno stimolo alla domanda, ha accentuato le disuguaglianze: è sufficiente riflettere sulla mancata erogazione ai pensionati, agli “incapienti” e agli autonomi. I dati mostrano che la crisi ha colpito tutti i redditi, ma in misura maggiore quelli più bassi. L’aumento della disuguaglianza si registra a partire dal 2008. Così come accade per la povertà. La necessità di tornare a crescere e la riforma degli strumenti di contrasto all’esclusione sociale sono strettamente connessi.

Secondo la Banca d’Italia, prima della crisi, cioè nel periodo 2000-2008, si nota un umento del reddito reale per tutta la popolazione, particolarmente forte per il 10 per cento più povero.

Con la crisi (tra il 2008 ed il 2012) il quadro cambia in modo radicale: il reddito diminuisce per tutti, soprattutto per il primo 10%, che registra un crollo di un quarto.

Anche l’Istat avverte che tra i più poveri il calo dei consumi è stato accentuato soprattutto dall’inadeguatezza della rete di protezione sociale e dalla debolezza del mercato del lavoro.

La recessione ha colpito i giovani assai più degli adulti e, soprattutto, gli anziani.

L’arretramento delle condizioni di vita dei più poveri riflette, in un certo senso, la debolezza delle politiche sociali italiane.

Una manovra solo teoricamente espansiva e ricca di criticità come la Legge di Stabilità 2015 rischia di non essere in grado di far fronte a queste emergenze.

Secondo la CISAL, la realizzazione del provvedimento è stata tutt’altro che impeccabile, per più ragioni:

1) il bonus erogato secondo criteri del tutto disfunzionali, senza correzioni per nucleo familiare e ignorando, come detto, incapienti, autonomi e pensionati. La misura avrebbe dovuto beneficiare i redditi più bassi e quindi assumere caratteri più vicini a quelli del trasferimento sociale che non a quelli della riduzione dell’Irpef. In sostanza si tratta di un’erogazione da 10 miliardi annui che sta impiccando il bilancio pubblico e che è una

tax expenditure, cioè una spesa fiscale selettiva e non una vera riduzione d’imposta che apporti benefici erga omnes su tutti i redditi uguali ed equivalenti, come invece avrebbe richiesto l’obiettivo di massimizzarne l’impatto sui consumi;

2) non viene salvaguardata la famiglia e viene negato il principio di capacità contributiva. Secondo i conti del Forum delle famiglie, sarebbe bastato consultare i dati Istat sulla composizione dei nuclei familiari prima di abbandonare l’ipotesi di rimodulare il bonus di 80 euro perché troppo costoso e complicato. Modulando quegli 80 euro a favore dei figli non solo non sarebbe aumentata la spesa ma, rispetto ai dieci miliardi preventivati, si sarebbero risparmiati circa 625 milioni di euro;

3) non è poi da escludere che alcuni dipendenti che hanno percepito lo sconto fiscale siano costretti a restituirlo. Infatti, gli 80 euro in più in busta paga spettano a coloro che non superano i 24 mila euro di reddito e in misura minore se è compreso tra 24 mila e 26 mila euro. Ma se nel corso dell’anno sono state superate queste soglie senza che il datore di lavoro ne abbia tenuto conto, la restituzione di quanto percepito avverrà con la decurtazione della busta paga di dicembre;

4) inoltre, in una società satura come quella italiana, pensare che si possano rilanciare i consumi con 80 euro è stato un azzardo, probabilmente finalizzato a meri obiettivi elettorali. Le Fonti ufficiali, infatti, dicono che fino ad ggi, sono andati quasi tutti a sostenere i risparmi. Del resto l’Italia è un paese in deflazione che produce incertezza sul futuro e quindi un atteggiamento attendista, inducendo consumatori a non spendere ma a risparmiare, l’esatto contrario degli effetti attesi. Infatti, secondo il Censis, mentre nel 2011 i risparmi delle famiglie ammontavano a 23 miliardi di euro, oggi sono saliti a 26 miliardi.

 
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