Contatori visite gratuiti LETTERA APERTA AL DOTT. TITO BOERI PRESIDENTE DELL’ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE

Documento di Economia e Finanza 2024 (DEF 2024), che delinea previsioni cruciali in relazione al PIL e traccia una linea sul futuro del welfare nel nostro paese.

 

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LETTERA APERTA AL DOTT. TITO BOERI PRESIDENTE DELL’ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE

Dott. Damiano Curcio - Ufficio Studi Dipartimento Università FGU

Egregio Presidente,  ancora una volta, il Suo intervento in relazione alla “complessa” situazione pensionistica italiana e più precisamente riguardo all’aumento dell’età pensionabile al 67esimo anno di età, è rivolto esclusivamente a peggiorare la posizione personale del “singolo lavoratore”. E’ da circa 20 anni che il presidente dell’Inps pro tempore mostra il suo volto in vari programmi televisivi e presta la sua penna a varie testate giornalistiche per tale scopo. Non ho visto né Lei né tantomeno i suoi predecessori parlare in difesa dei lavoratori allorquando il Legislatore, nell’emettere nuove norme sulla materia specifica, ha commesso errori imperdonabili sotto il profilo etico e di contabilità e mi creda, ne sono stati fatti tanti. A partire dalla legge Dini, la oramai famosa 335 del 1995 che ha istituito la pensione con il calcolo contributivo e che da un lato ha fatto sì che le pensioni calcolate con il suddetto metodo fossero più basse di quelle calcolate con il metodo retributivo e dall’altro ha aumentato queste ultime. E si!... è proprio così! Se ricorda, caro Presidente,  la legge Dini con la predetta norma ha, tra l’altro,  istituito un diritto per cui dal 1996 tutto ciò che percepisce il dipendente è pensionabile ma tale norma, in origine, riguardava solo le pensioni calcolate con il nuovo metodo. Nell’approvarla invece, il suddetto beneficio, è stato esteso anche alle pensioni calcolate con il vecchio metodo sebbene esclusivamente sulla quota “B” e questo, ha prodotto il risultato che la spesa pensionistica, paradossalmente, è aumentata a dismisura. Non parliamo poi della legge Fornero che, con il sistema pro rata del contributivo, ha aumentato di un quarto la pensione di coloro i quali avevano già maturato l’aliquota dell’80%  e quindi già in possesso del sistema retributivo. Tant’è che il governo Renzi, nella prima finanziaria del suo mandato, ha dovuto apportare una modifica alla norma creando comunque uno squilibrio e cioè ha portato l’aliquota massima all’85% contribuendo, anche in questo caso, ad un’ulteriore spesa delle pensioni. Ma il paradosso di questa situazione è che il Legislatore da una parte aumenta la pensione a chi già gode del vecchio sistema, dall’altra riduce le misere pensioni contributive modificando in negativo i coefficienti legati all’età anagrafica dei nuovi pensionandi, giustificando il tutto con l’aumento della spesa pensionistica. Non ho mai visto il presidente dell’Inps pro tempore protestare per gli affitti irrisori degli appartamenti e per le vendite ridicole del patrimonio immobiliare dell’Istituto, eppure quei beni, nel tempo, sono stati acquistati con i contributi dei lavoratori o sbaglio? E sicuramente i soldi dati dai lavoratori italiani sono stati tanti se, al 2013, l’Inps possedeva 25.440 tra palazzi, appartamenti e negozi di cui 15.100 unità dell’ex Inpdap, 9.500 ex Inpdai, 750 dell’Insp e 90 dell’ex Ipost; senza contare quelli già venduti precedentemente. Non ho mai visto il presidente dell’INPS pro tempore chiedere al Legislatore di fare quello che è stato fatto  anni fa in tutti i Paesi europei e cioè, dividere la cassa pensioni dalle altre perché è indubbio che da quando è nato il vostro istituto, dai contributi del lavoratori è stato fatto un prelievo continuo per altre forme di solidarietà che andavano finanziate dallo Stato in diverso modo e soggette ad altro tipo di controllo. Non parliamo poi della gestione dei fondi pensioni dei dipendenti pubblici come  Espero, Perseo-Sirio ed altri; ancora oggi non riesco a capire come si possa garantire la percentuale di rendimento (annuale) pubblicizzata agli iscritti se lo Stato versa figurativamente la propria quota. Ma se sul mio TFR il totale delle quote (datore di lavoro e lavoratore) ammontano a 100,00 euro e mi si garantisce una rendita del 2%, come faccio ad ottenere la stessa rendita se manca la quota del datore del lavoro? Soprattutto se tale quota serve ad acquistare titoli?. Ecco caro Dott. Tito, a me piacerebbe, una volta tanto che il Presidente dell’Inps mettesse sul piatto davanti al Legislatore, una norma che restituisca ad una parte dei lavoratori, quello che gli è stato tolto ingiustamente per favorirne un’altra e (guarda caso) di quest’ultima categoria hanno sempre fatto parte i politici firmatari delle norme fin qui citate. Ah, un’ultima richiesta… Le ricordo che nel 2018 è previsto il controllo dei coefficienti legati all’età anagrafica per la quota contributiva; perché non pensare di abbassarla solo a chi ha il sistema retributivo fino al 2011?

Dott. Damiano Curcio

Consulente CSA Università

Dipartimento Università FGU Gilda Unams

Ufficio Studi

 
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