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Previdenza : Chiarimenti sulla Riforma Fornero e le nuove regole in vigore dal 2013

NOTA dell‘Ufficio Studi

Previdenza : Chiarimenti sulla Riforma Fornero e le nuove regole in vigore dal 2013

 

Il nuovo sistema previdenziale varato dalla riforma Fornero, ed entrato in vigore dal 1 gennaio 2012, ha di base il passaggio al sistema contributivo, ovvero, l’importo della pensione che viene calcolato sui contributi effettivamente versati nel corso della vita lavorativa., invece, Il sistema retributivo, che calcolava l’assegno previdenziale sulla base della media della retribuzione degli ultimi 10 anni (15 anni per gli autonomi) nella misura del 2 per cento di questa media per ogni anno di contribuzione, viene quindi messo definitivamente da parte.

Di fatto, questo rilevante innovamento comporta una riduzione dell’importo della pensione, anche se c’è da prendere in considerazione di una rivalutazione di questo valore in base all’indice Istat delle variazioni quinquennali del Pil e una moltiplicazione per un "coefficiente di trasformazione" variabile, in base all’età del lavoratore al momento della pensione. I coefficienti per il triennio 2013-15, per chi smetterà di lavorare prima dei 65 anni varieranno dal 4,304 per cento per un pensionamento a 57 anni (-0,116 per cento rispetto a ora) al 6,541 per cento per un pensionamento a 70 anni (+0,921 per cento rispetto a ora). Ma sono condizioni che non possiamo definire altrettanto favorevoli.

Allo stato attuale sono quindi possibili tre situazioni pensionistiche:

RETRIBUTIVO: per tutti coloro che avevano 18 anni di contributi al 31/12/1995;

MISTO (retributivo-contributivo) per tutti coloro che al 31/12/1995 non avevano 18 anni di contributi (sistema retributivo fino al 1995 dal 1996 contributivo);

CONTRIBUTIVO: per tutti coloro che entravano al lavoro dal 1996.

Fino al 2014 è possibile, per le donne, accedere al pensionamento con 57 anni di età e 35 di contribuzione optando per il calcolo contributivo sull'intera pensione (cosiddetta "opzione donna")

Le ‘quote’ restano in vigore ancora per i lavoratori considerati usuranti e cioè per coloro che svolgono turnazioni notturne, differenziati di un punto per coloro che effettuano più di 72 notti l'anno e quelle che ne effettuano di meno (tra 66 e 71).

Cosa prevede la riforma del ministro Fornero dall’1 gennaio del 2012, riguardo alle pensioni di anzianità e di vecchiaia.

Pensione di anzianità.

 

Questa forma previdenziale, che si poteva ottenere al raggiungimento di un determinato numero di anni di contribuzione prima dell’età pensionabile, è stata sostanzialmente abolita. Quindi non basteranno più 35 anni di contribuzione e 60 anni di età anagrafica, o alternativamente 40 anni di contribuzione prescindendo dall’età del richiedente. Scompaiono anche il "sistema delle quote" e le "finestre di uscita". Le prime, con una contribuzione di almeno 35 anni, facevano la somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva del lavoratore. Si andava da quota 95 (con almeno 59 anni di età) del luglio 2009 alla prevista quota 97 (con almeno 61 anni di età) del gennaio 2013.

Le finestre di uscita, invece, erano il principio per cui, una volta conseguito il diritto alla pensione, la sua decorrenza non è immediata ma è soggetta ai contributi versati e alla natura lavorativa (se lavoratore dipendente o autonomo). In pratica il meccanismo prevedeva che se la pensione scattava nel 1° trimestre (gennaio-marzo) decorreva da luglio dello stesso anno, se nel 2° trimestre (aprile-giugno) da ottobre dello stesso anno, nel 3° trimestre (luglio-settembre) da gennaio, nel 4° trimestre (ottobre-dicembre) da aprile dell’anno successivo.

Ma con la riforma Fornero le norme precedenti sono rimaste in vigore solo per coloro che avevano maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2011. Per tutti gli altri la pensione di anzianità prende il nome di "anticipata".

Coloro che intendono andare in pensione prima dell’età di vecchiaia, possono farlo, se però hanno una certa "anzianità contributiva" che nel 2012 è prevista per le donne: in 41 anni e un mese , mentre per gli uomini in 42 anni e un mese. Soglie che sono destinate a salire di un mese nel 2013 e nel 2014, e che prevedono anche una penalizzazione: ‘'importo della pensione viene tagliato dell’1 per cento per ciascun anno di anticipo rispetto ai requisiti di vecchiaia, stabiliti  dall'anno 2012 e per tutti, a 62 anni. Tali penalizzazioni, fino a tutto dicembre 2017, non si applicano a coloro che raggiungono la contribuzione richiesta esclusivamente con il servizio effettivo (senza riscatto laurea etc...). Però non mancano le eccezioni. Ad esempio possono andare in pensione a 64 anni i lavoratori del settore privato che, in possesso di 35 anni di contribuzione, con le vecchie regole avrebbero maturato i requisiti di anzianità con il sistema delle "quote" entro il 31 dicembre 2012. Particolare anche il caso delle lavoratrici del settore privato, che hanno maturato 60 anni d’età e 20 anni di contributi entro il 31 dicembre 2012.

Pensione vecchiaia.

 

Si rileva anche per questo tipo di previdenza che si può ottenere al raggiungimento di una determinata età anagrafica. Già dal 2012, infatti, gli uomini dovranno raggiungere i 66 anni, un immediato innalzamento del limite di un anno rispetto al passato. Per le donne, invece, c’è una distinzione. Se lavoratrici dipendenti pubbliche sono parificate agli uomini già da quest’anno, se dipendenti private andranno in pensione a 62 anni e se, infine, autonome a 63 anni e 6 mesi. Questa soglia progressivamente aumenterà negli anni fino alla completa equiparazione ai 66 anni degli uomini nel 2018. In tutti i casi è necessario avere un’anzianità contributiva di almeno 20 anni. E nel prossimo futuro la situazione peggiorerà ulteriormente. L’età della pensione diventerà gradualmente, per tutti, 67 anni e 2 mesi, nel 2021, senza distinzioni di sesso o di ambito lavorativo. Poi subirà degli adeguamenti ogni tre anni e dal 2019 ogni due, in base alle variazioni della speranza di vita. Per i professionisti iscritti agli Ordini, e di conseguenza alle Casse previdenziali autonome, seguono invece le regole della propria Cassa.

E' stato introdotto, con la nuova normativa, anche il concetto di pensionamento flessibile. E’ possibile, infatti, ritirarsi da lavoro anche dopo aver maturato i requisiti di vecchiaia, fino all’età di 70 anni. In questo  caso l’importo della pensione aumenta grazie al "coefficiente di trasformazione" che tiene conto dell’età. L'età dei 70 anni non è riferita alla permanenza volontaria, ma rientra in un discorso  futuristico in base anche a quanto precisato dalla legge n° 183 del 12/11/2011 conseguentemente ai requisiti previsti dall'art. 12  della legge 30 luglio 2010 n° 122.

Gennaio 2013

P. L’Ufficio Studi
Dott. Damiano Curcio
Consulente per il CSA della Cisal Università

 
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