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Le biblioteche, i bibliotecari, il PTA, il sindacato e l’associazionismo professionale

A cura dell'Ufficio Studi del CSA della Cisal Università

Il nostro paese non brilla certo per l’attenzione che le istituzioni hanno verso la cultura e tanto meno verso le biblioteche. Oggi, tra l’altro,  molte biblioteche italiane, che sopravvivono a malapena con gli scarsi finanziamenti pubblici e che hanno fra i loro sostenitori economici le varie Province, oramai in via di abolizione, e/o i comuni  spesso in dissesto finanziario, sono disorientate e non hanno certezza del loro futuro. Chiedono finanziamenti che non arrivano,  non hanno i fondi per pagare  per tempo il personale, cercano una nuova identità per risolvere la crisi in cui versano ed in alcuni casi rischiano la chiusura per mancanza di fondi. Ma neanche le Biblioteche universitarie godono di vita migliore.

È prassi consolidata che la maggior parte dei consigli di amministrazione degli Atenei italiani si ricordino delle biblioteche quando le risorse economiche diminuiscono ed occorre   scegliere dove tagliare. In questo caso le biblioteche sono spesso le favorite.

Diverse Università  italiane mostrano anche scarsa attenzione nei confronti della professione del Bibliotecario  a causa di molteplici ragioni.

- Non c’è una organizzazione omogenea e ogni Ateneo con i propri statuti e regolamenti ha dato al sistema bibliotecario l’assetto che ha voluto non sempre rispettando la professionalità della categoria.

Infatti, solo alcune università hanno organizzato le loro biblioteche e i loro Sistemi bibliotecari d’Ateneo (S.B.A.) prevedendo ruoli dirigenziali e di elevate professionalità per i lavoratori delle Biblioteche, altre hanno invece relegato ad un ruolo subalterno i bibliotecari disconoscendo di fatto la loro professionalità.

In queste ultime realtà organizzative  i bibliotecari possono aspirare di appartenere al massimo alla categoria D.

- L’eliminazione delle qualifiche professionali, sostituite dalla nascita delle Categorie nel pubblico impiego, ha di fatto sottratto a tutto il personale tecnico e amministrativo nonché bibliotecario uno strumento utile per difendere la propria professione. Ha omologato, appiattito ed accorpato le varie professionalità del Personale Tecnico Amministrativo (PTA) nelle Categorie in ragione di una mobilità falsamente funzionale al management universitario.

Il C.C.N.L. del 9.08.2000 del personale del comparto Università (quadriennio normativo 1998/2001 biennio economico 1998/1999), creando le  categorie B, C, D ed EP, ha mandato in pensione e sostituito le qualifiche funzionali di cui al C.C.N.L. del 21.05.1996 archiviando definitivamente  il D.P.C.M. del 24/09/1981 (pubblicato nella Gazzetta Uff. 11.12.1981 n.340) e la L. 11.7.1980 n.312 che avevano fatto nascere e regolato le qualifiche funzionali e i profili professionali dell’allora definito personale non docente.

- Infine, la scomparsa  delle vecchie qualifiche funzionali e la decurtazione dei finanziamenti hanno ridotto l’interesse da parte delle amministrazioni universitarie verso una adeguata formazione delle varie figure professionali che andavano emergendo e consolidandosi in una realtà universitaria avanzata e molto variegata.

Il blocco, ormai da troppo tempo, degli stipendi nella pubblica amministrazione nonché l’aumento del lavoro a causa della riduzione del personale, dovuta al fermo del turn-over, hanno di fatto ingenerato uno stato di frustrazione che non ha giovato alla crescita  professionale di tutto il personale tecnico e amministrativo,  tanto meno di quello delle Biblioteche.

Questo almeno è successo  fino al 10. 2. 2013 giorno in cui è entrata  in vigore la legge n. 4 del 14 gennaio 2013 sulle “Disposizioni in materia di professioni non organizzate” la quale stabilisce che, oltre alle professioni organizzate in ordini o collegi, esistono anche altre professioni, tra cui quella del bibliotecario.

Quindi, finalmente, dal 10.2.2013 la professione del bibliotecario è stata riconosciuta dalla legge e di fatto con essa è  stata riconosciuta la formazione professionale.

E’ fondamentale che le Organizzazioni Sindacali puntino verso una rivalutazione professionale del PTA al fine di far emergere tutte le professionalità che sono tante e diverse l’una dall’altra e che rappresentano una ricchezza da non perdere.

Devono difendere le particolari figure professionali, pretenderne il riconoscimento ed un adeguato aggiornamento formativo nonché affiancare i lavoratori nelle giuste lotte  che sono costretti a sostenere per farsi valere nell’ambito lavorativo a salvaguardia delle loro professionalità.

Non appena sarà riaperta la stagione contrattuale del pubblico impiego e si provvederà a discutere del contratto Nazionale dell’Università dovrà essere compito del Sindacato porre sul tavolo di concertazione la problematica per  riconsiderare il PTA in termini professionali.

Occorrerà far  riconoscere i giusti ruoli e ognuno dovrà essere identificato nell’ambito delle propria professionalità e non più come appartenente a questa o a quella categoria così squallidamente anonima quale: A, B, C, D ed EP.

La politica sindacale della nuova segreteria nazionale del CSA della Cisal-Università è subito andata verso questa direzione e proprio la sua composizione lo testimonia. La nuova leadership ha dato un taglio sindacale più professionale e specialistico ed ha voluto che fossero rappresentati  meglio nella segreteria nazionale i vari aspetti professionali e le varie problematiche relative ai lavoratori dell’università investendo anche molto nella comunicazione.

Un’attenzione particolare è stata data quindi alla contrattazione integrativa ed al Fondo Accessorio, alle problematiche legali, alle Pari Opportunità, al Mobbing, al Welfare e ai Comitati Unici di Garanzia,  alla Sicurezza, al regolamento per le progressioni di carriera, al conto terzi, ai circoli ricreativi e ai vari servizi da erogare agli associati ed ai loro familiari, questioni che investono tutto il personale dell’università.

Sono state, inoltre, oggetto di rilevanti attenzioni e di giusti riferimenti le problematiche inerenti a:

Facoltà Mediche e non mediche, professioni sanitarie, Personale Tecnico Amministrativo in generale e Segretari dei Dipartimenti Universitari in particolare;

Lavoratori Atipici e degli Uffici Tecnici,  Front-Office  e Segreterie Studenti;

Lavoratori delle Università Private, Personale dei Policlinici, Dirigenza dell’Area III, Tecnici laureati, docenza Universitaria, Dottorandi, personale dei  laboratori e degli stabulari.

Il CSA della Cisal-Università ha inteso anche farsi carico delle problematiche riguardanti le biblioteche e i  bibliotecari, da troppo tempo poco considerati da alcune  forze sindacali del nostro paese, dando mandato allo scrivente, appartenente alla Segreteria politica, e al collega Gaetano Di Palma, componente della Segreteria Tecnica, il compito di occuparsi di queste tematiche.

Il CSA della Cisal-Università è fortemente convinto che sia necessario costruireun trait d’union che colleghi le associazioni professionali (in questo caso l’Associazione Italiana Biblioteche) e la base dei lavoratori con il sindacato.

Per questo motivo ha instaurato un dialogo con tutti i bibliotecari ed in particolare con quelli iscritti al CSA della CISAL Università, ai quali ha chiesto una partecipazione fattiva.

Una testimonianza di voler perseguire in questa opera di sensibilizzazione è il  lavoro di seguito riportato, realizzato dalla collega Paola Attanasio,  primo importante passo per costruire insieme una nuova realtà a difesa di una professionalità troppo spesso calpestata anche dagli stessi bibliotecari.

Francesco Lavorato*

La professione del Bibliotecario, la Legge n. 4 del 14 gennaio 2013

La legge n. 4 del 14 gennaio 2013 sulle “Disposizioni in materia di professioni non organizzate” stabilisce che, oltre alle professioni organizzate in ordini o collegi, esistono anche altre professioni, tra cui c’è quella del bibliotecario.

Ma prima di ogni cosa bisogna anche chiarire la natura delle libere associazioni rispetto agli ordini.

Le libere associazioni hanno in comune con gli ordini solo il principio di base: essere gli stessi professionisti di un settore che tutelano e garantiscono sia la qualità della loro professione che l’utenza. Ma vi sono differenze: gli ordini professionali sono enti pubblici, le libere associazioni sono organizzazioni private; mentre è obbligatorio essere iscritti agli ordini professionali per esercitare un professione, invece, non c’è alcun obbligo per i liberi professionisti, che possono essere iscritti a libere associazioni.

La regolamentazione serve a valorizzare le associazioni che hanno corsi di formazione efficaci, che seguono percorsi certificati per rilasciare gli attestati di competenza; e anche per facilitare gli utenti nella scelta dei professionisti ai quali rivolgersi, affinchè possano conoscere le loro capacità attraverso gli attestati di competenza.

Dopo anni di lavoro e grande impegno, finalmente, il 19 dicembre 2012, è stata approvata la legge che regolamenta le associazioni delle professioni non organizzate con ordini o collegi. Con tale legge viene garantita l’utenza e si dà dignità ad oltre tre milioni di professionisti, poiché è stato riconosciuto per legge il sistema duale delle professioni formato da ordini e associazioni.

Questa legge assegna alle libere associazioni professionali il compito di valorizzare le competenze dei professionisti iscritti alle associazioni, tramite il rilascio di una attestazione di qualificazione professionale, volta anche a tutelare l’utente che si serve dei servizi dei professionisti.

Ciò consente al consumatore di conoscere le  vere capacità del professionista al quale si affida. Questa possibilità può essere offerta al consumatore dalle associazioni professionali che accettano come associati i professionisti che hanno curriculum formativi e rilasciano loro attestati di competenza con validità temporale.

Infatti, quando scade il periodo di validità dell’attestato, l’associazione verifica di nuovo la preparazione del professionista con il relativo aggiornamento che ha effettuato.

Solo in caso di esito positivo viene confermato l’attestato di competenza.

Tale rilascio è subordinato anche al rispetto delle norme di corretto comportamento professionale ma, non è condizione per l’esercizio della professione.

In tal modo, le associazioni professionali sono in grado di salvaguardare il bene collettivo.

Con tale legge le associazioni diventano i più importanti organismi di tutela nei confronti dell’utenza e di conseguenza occorre puntare alla diffusione di standard qualitativi sempre più elevati.

Inoltre, questa legge, promulgata dal Presidente della Repubblica il 14 gennaio 2013 ed entrata in vigore il 10 febbraio, tutela anche i professionisti afferenti alle proprie associazioni: solo iscrivendosi ad una associazione si offre all’utenza la garanzia sul grado di specializzazione, di formazione e di aggiornamento continuo dei professionisti, alzando, così, il livello di qualità.

Tuttavia,  non c’è obbligo da parte dei professionisti non organizzati in ordini di aderire ad associazioni professionali.

La legge, però, impone  ai professionisti di mettere in evidenza in ogni documento scritto la dicitura: "professionista disciplinato ai sensi della legge 4/2013", se non si ottempera a ciò, il professionista può essere accusato di scorrettezza e vi possono essere anche sanzioni pecuniarie.

I professionisti che non aderiscono ad associazioni professionali possono, autonomamente, chiedere agli organismi accreditati il rilascio del certificato di conformità alla norma UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) (art.9).

In tal senso, viene promosso il valore dell’attestazione rilasciata dalle associazioni mettendo in risalto la garanzia di professionalità e tutelando l’autonomia di definizione dei profili professionali e di percorsi formativi che sono richiesti ai professionisti associati.

Per quanto riguarda il sistema di attestazione entrano in gioco l'UNI e le associazioni professionali; l'UNI dovrebbe formulare, per ogni singola associazione, una norma tecnica per determinare le competenze e i requisiti  per esercitare la propria attività, in modo tale da essere utilizzata dall'associazione come base "minima" per fissare gli standard qualitativi e di qualificazione professionale. In caso di assenza della norma tecnica UNI è l’associazione a definire gli standard qualitativi e di qualificazione professionale.

Inoltre, quelle associazioni professionali, che figurano nell'elenco pubblicato dal Ministero dello Sviluppo Economico sul sito internet, pubblicano sul loro sito web i requisiti che sono necessari per associarsi, tra cui quelli di grande importanza sono i titoli di studio inerenti l'attività professionale e l'aggiornamento professionale che deve essere un obbligo per i professionisti.

Perciò, si può affermare che questa legge mette in primo piano la libera concorrenza e la qualità delle prestazioni in modo tale che vengano cautelati sia l'utenza che il professionista che eroga servizi.

Questa legge segue, quindi, due principi dell’Unione Europea cioè, tutelare il consumatore e garantire la concorrenza.

A tale proposito, poiché la legge ha riconosciuto la professione del bibliotecario anche senza l’appartenenza ad un ordine, ne consegue che le biblioteche devono essere gestite da bibliotecari professionisti.

Quindi, si è reso necessario la definizione dei profili professionali dei bibliotecari; ciò costituisce la base per l’inquadramento del bibliotecario professionista: cioè, quali devono essere i requisiti minimi di cui deve essere in possesso e quali attestazioni di qualificazione per essere inquadrato come bibliotecario professionista.

Dato che la Legge n. 4 e la norma tecnica UNI fanno riferimento alla figura del “bibliotecario” in generale; infatti si parla dei bibliotecari in ogni ambiente di lavoro, cioè, il direttore e il coordinatore di sistema bibliotecario o di biblioteca, il dipendente di cooperativa, il bibliotecario di biblioteca pubblica o anche il libero professionista, l’AIB (Associazione Italiana Biblioteche), si è assunta il compito di definire i diversi profili del bibliotecario. Infatti, ha partecipato ai lavori per la stesura della norma UNI sulla professione bibliotecaria ed ha elaborato i requisiti di qualificazione professionale che saranno la base per l’attestazione della professionalità dei bibliotecari italiani per poter accedere a specifici profili professionali.

Per quanto riguarda i profili, l’AIB ha elencato una serie di specializzazioni del bibliotecario; tali profili sono indicativi, ma possono essere un valido aiuto per il bibliotecario che intende inquadrare la sua professione.

Per ogni profilo sono state indicate le conoscenze e le abilità:

bibliotecario catalogatore

bibliotecario di reference e dei servizi al pubblico

bibliotecario conservatore

bibliotecario sezione ragazzi

Per i profili verticali ci sono:

direttore di biblioteca

coordinatore di sistema

Naturalmente, questi profili si devono considerare generici, perché bisognerà tenere conto anche delle nuove tecnologie e, quindi, di nuovi profili.

Ma, finalmente, il bibliotecario non sarà più tanto oscuro e anonimo, ma potrà avere una sua identità ed essere apprezzato per le proprie competenze, dando, così, una immagine del professionista a tutti gli effetti.

A cura di Paola  Attanasio**

 

* Francesco Lavorato

Segretario Nazionale del CSA della CISAL Università con delega alle Facoltà non mediche e alle biblioteche;

Referente Regionale della Calabria del CSA della CISAL Università per la Confederazione CGU CISAL;

Componente del Direttivo d’Ateneo del CSA della Cisal Università dell’Università della Calabria (Cosenza).

 


** Dott.ssa  Paola Attanasio,

nell’ambito dell’AIB (Associazione Italiana Biblioteche) è membro del CER (Consiglio Esecutivo Regionale);

membro nel Consiglio Regionale del CoLAP dell’Umbria (Coordinamento Libere Associazioni Professionali);

referente regionale per L’Umbria dell’Olavep (Osservatorio lavoro e professione).

Membro del Direttivo del CSA della Cisal Università  all’interno dell’Università per Stranieri di Perugia.

 
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